Liquidazione controllata inammissibile in assenza di utilità presenti o future
Discostamento dalla spesa mediana indicata dall’ISTAT ammesso, purché ben motivato dal debitore
Il decreto con cui il Tribunale di Torino, il 23 ottobre 2025, ha rigettato un ricorso per l’apertura di una liquidazione controllata del sovraindebitato proposta da un debitore persona fisica in proprio (segnatamente, un imprenditore individuale cancellato dal Registro delle imprese da oltre un anno dalla presentazione della domanda, insolvente sulla base di una situazione di insolvenza composita), ai sensi e per gli effetti degli artt. 268 ss. del DLgs. 14/2019 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, CCII), ripropone, in quanto già sviluppati dal Tribunale di Torino 13 febbraio 2025, ma con un ulteriore grado di approfondimento, alcuni principi generali valevoli per qualsivoglia procedura liquidatoria minore, il cui potenziale attivo da distribuire ai creditori appaia caratterizzato dal mero differenziale tra reddito del debitore e necessario al mantenimento di quest’ultimo.
L’imprescindibile premessa che, pur contenuta nella parte finale del provvedimento, costituisce in ogni caso il preliminare principio cardine posto a fondamento delle articolate motivazioni sviluppate dal Tribunale di Torino, può essere ben rappresentata con la seguente considerazione: nel contesto della procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato, “[...] non si tratta di escludere la possibilità di ricorrere alla liquidazione controllata in presenza di solo differenziale tra reddito e necessario al mantenimento, bensì di escludere la sussistenza del requisito dell’utilità per i creditori nell’ipotesi in cui non vi siano ex ante ragionevoli prospettive di acquisizione di utilità, tenuto conto delle circostanze del caso concreto”.
Dalla questa affermazione di principio si possono desumere due distinti corollari.
In primo luogo, perché una liquidazione controllata del sovraindebitato possa essere aperta, occorre che il debitore proponente sia in grado di offrire ai creditori un’utilità alla procedura, diretta o indiretta, quanto meno in prospettiva futura.
Corrobora detto principio, da un lato, l’alternativa – rispetto alla liquidazione controllata del sovraindebitato – previsione codicistica di cui all’art. 283 del CCII, che contempla, per il debitore persona fisica meritevole, un differente strumento esdebitatorio, allorché questi non fosse in grado di offrire alcunché ai propri creditori; dall’altro lato, la previsione, sempre codicistica, di cui all’art. 268 comma 3 del CCII, sulla scorta della quale viene richiesto all’Organismo di composizione della crisi (OCC) di attestare, nella propria relazione ex art. 269 comma 2 del CCII, la capienza del debitore, ovverosia che, dalla liquidazione del patrimonio presente e sopravvenuto del medesimo, sia possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie.
A ciò viene ancora aggiunto come non osti la diversa disciplina della liquidazione giudiziale, che, al contrario, ammetterebbe l’apertura della procedura anche in assenza di attivo, atteso che la ratio di una siffatta scelta nell’ambito della procedura maggiore ravviserebbe la propria giustificazione e fondamento in specifiche, non presenti nella procedura minore, “ragioni di interesse pubblicistico, tra le quali la repressione di eventuali condotte penalmente rilevanti, che portano ragionevolmente a fondare il necessario avvio di tale procedimento liquidatorio concorsuale” (cfr. Trib. Milano 10 ottobre 2024).
In secondo luogo, spetta al debitore, indipendentemente e oltre all’attestazione resa dall’OCC ai sensi dell’art. 268 comma 3 del CCII (attestazione sulla quale il Tribunale, sulla scorta dei principi enunciati da Cass. 16 giugno 2023 n. 17273, mantiene un “sindacato” in punto valutazione di “completezza, razionalità, sufficienza e correttezza dell’iter logico motivazionale seguito”), dimostrare la sussistenza di utilità, presenti o in prospettiva futura.
In tal modo viene rispettivamente precisato come, da un lato, nell’ipotesi in cui il debitore, nell’indicazione delle spese necessarie al sostentamento del proprio nucleo familiare, si discostasse, legittimamente ma comunque notevolmente, dalla spesa mediana indicata dall’ISTAT per un nucleo familiare analogo, ovverosia da un dato che rappresenta un indice di “normalità”, occorrerebbe che lo stesso “intensifichi il proprio onere motivazionale e la documentazione a supporto”, non essendo sufficiente una generica indicazione di contenimento delle spese ai fini della procedura liquidatoria; dall’altro lato, nell’ipotesi in cui il debitore allegasse una dichiarazione di contribuzione spese da parte di terzi (ad esempio, i genitori), occorrerebbe che la stessa fosse ben circostanziata, in punto tipologia di intervento, modalità e durata dell’aiuto.
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