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IMPRESA

La società non è estranea al reato commesso dagli amministratori di fatto

Nel caso esaminato dalla Cassazione non rileva la circostanza che il reato non sia stato realizzato dall’amministratrice di diritto

/ Maria Francesca ARTUSI

Giovedì, 13 novembre 2025

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La persona giuridica che trae profitto dall’altrui condotta illecita non può mai essere considerata quale “terzo estraneo” rispetto al reato degli amministratori, se ne ha beneficiato e se la condotta costituente reato è stata realizzata allo scopo, quantomeno prevalente, di far conseguire un vantaggio patrimoniale all’ente medesimo. Tale principio – già enunciato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. tra le altre, Cass. n. 17840/2019 e Cass. n. 6205/2015) – viene ribadito dalla sentenza n. 36683, depositata ieri dalla Corte di Cassazione.

Nel caso oggetto di tale procedimento, il giudice dell’esecuzione aveva escluso la confiscabilità in via diretta delle somme giacenti sul conto corrente bancario di una società che si occupava di costruzioni navali, in considerazione della sua estraneità al reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 del DLgs. 74/2000), dal quale la sua legale rappresentante era stata assolta. Erano invece stati condannati due soggetti ritenuti amministratori di fatto della medesima società, ma il sequestro era stato escluso sulla base della mancanza di un rapporto di immedesimazione organica tra l’ente e tali soggetti.
Era stata così disposta la restituzione alla srl della somma di 112.000 euro sottoposta a sequestro preventivo in funzione della confisca del prezzo del reato fiscale contestato agli amministratori di fatto.

I giudici di legittimità accolgono il ricorso presentato dalla Procura ritenendo non corrette le considerazioni sulle quali si era fondato il rigetto dell’opposizione del procuratore al provvedimento di dissequestro e la conseguente restituzione delle somme assoggettate a sequestro in vista della loro confisca.

Viene, innanzitutto, osservato che le somme della cui confiscabilità si discute appartengono, pacificamente, alla società, essendo depositate su un conto corrente bancario alla stessa intestato, nel cui interesse era stato commesso il reato di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000 da parte degli amministratori di fatto e del cui profitto la stessa aveva beneficiato. Detta società, quindi, non può essere considerata estranea al reato, in quanto lo stesso è stato commesso al fine di farle conseguire un profitto, sotto forma di evasione d’imposta; profitto che è stato realizzato attraverso l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti nelle dichiarazioni fiscali della società, allo scopo di indicarvi costi fittizi, e, dunque, di far conseguire all’ente un risparmio di spesa (pari all’imposta illecitamente non versata per effetto dell’indicazione di tali costi fittizi).

L’interesse dell’ente non viene infatti meno – secondo la sentenza in commento – laddove il reato sia commesso dai soli amministratori di fatto e non anche dall’amministratrice di diritto e legale rappresentante.
In altre parole, la circostanza che il reato non sia stato realizzato dall’amministratrice di diritto, che è stata assolta, ma dagli amministratori di fatto, formalmente estranei all’ente, dunque non organicamente immedesimati con esso, non determina l’estraneità della società al reato, laddove questo sia comunque stato commesso, oltre che nell’interesse della società, da soggetti che erano legati alla società da un rapporto gestorio, di stabilità, continuità e pregnanza tale da farli considerare amministratori di fatto della stessa. Con la conseguenza che il reato del cui profitto si controverte non può considerarsi commesso da soggetti estranei alla società, delle cui condotte questa non deve rispondere, bensì da soggetti che in via di fatto la amministravano e che hanno realizzato le condotte costituenti reato allo scopo di far conseguire alla società un profitto, sotto forma di risparmio di spesa derivante dall’evasione d’imposta.
Detto profitto deve, dunque, essere confiscato in via diretta nei confronti dell’ente a vantaggio del quale è stato commesso il reato se rinvenuto, in tutto o in parte, nel suo patrimonio.

Nessun riferimento alla potenziale responsabilità “231”

Si noti che in questa sentenza – nonostante i chiari riferimenti all’interesse della società – non si fa alcun riferimento alla potenziale responsabilità “231”, la cui contestazione ai sensi dell’art. 25-quinquiesdecies del DLgs. 231/2001 avrebbe forse fatto cadere a monte la problematica della possibile confisca diretta nei confronti della società.

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