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IMPRESA

Sopravvenienze attive nella crisi d’impresa con detassazione in chiaro

Norma di interpretazione autentica sul trattamento differenziato per ogni strumento di regolazione

/ Michele BANA

Lunedì, 24 novembre 2025

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L’art. 8 del DLgs. approvato in via definitiva dal CdM dello scorso 20 novembre, recante disposizioni in materia di Terzo settore, crisi d’impresa, sport e IVA, prevede, stando alla bozza circolata, l’introduzione di una norma di interpretazione autentica dell’art. 88 comma 4-ter del DPR 917/86, al fine di tenere conto della sopravvenuta introduzione del DLgs. 14/2019.

La predetta disposizione del TUIR fu, infatti, inserita dal DLgs. 147/2015, con l’intento di disciplinare il trattamento fiscale, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti derivanti dall’adozione di uno degli strumenti di soluzione della crisi o dell’insolvenza regolati dal RD 267/42. In particolare, l’art. 88 comma 4-ter del TUIR stabilisce, al primo periodo, la detassazione integrale e incondizionata qualora tali componenti positivi di reddito siano emersi “in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell’associato in partecipazione”.

A questo proposito, la norma di interpretazione autentica precisa, al comma 1, che tale regime di totale non imponibilità troverà applicazione anche nel caso di concordato nella liquidazione giudiziale – che, dal 15 luglio 2022, ha sostituito il concordato fallimentare – e concordato minore liquidatorio, nonché concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (contrariamente a quanto recentemente sostenuto dalla risposta ad interpello n. 179/2025), che di fatto rappresenta una variante del concordato preventivo, seppure in esito alla composizione negoziata della crisi.

Sul punto, si osservi che tale nuova procedura contempla, ai sensi dell’art. 25-septies comma 2 del CCII, anche l’ipotesi del concordato semplificato con trasferimento dell’azienda, che costituisce una fattispecie fiscalmente liquidatoria, ancorché si possa fondare, in base al diritto concorsuale, sulla continuità “indiretta”. Il legislatore non ha, tuttavia, colto l’opportunità di estendere tale principio anche al concordato preventivo con continuità aziendale “indiretta” – come già sostenuto in occasione alla risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00047 del 20 settembre 2018 – e superare, quindi, i dubbi interpretativi emersi a seguito di alcuni orientamenti di prassi (risposte a interpello n. 85/2018 e, in tema di plusvalenze, n. 462/2019).

A ciò si aggiunga che la norma di interpretazione autentica non ritiene applicabile il primo periodo dell’art. 88 comma 4-ter del TUIR al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione “liquidatorio” – salvo ritenere che tale forma non sia ammissibile, come sostenuto dal Tribunale Roma nella pronuncia del 25 marzo 2025 (contra Trib. Roma 3 luglio 2024 e Trib. Milano 9 novembre 2024) – di fatto assimilandolo agli accordi di ristrutturazione dei debiti (risposta ad interpello n. 79/2025 in materia di note di variazione IVA), sebbene ad esso si applichino numerose disposizioni del concordato preventivo (art. 64-bis comma 9 del CCII), anche liquidatorio.

La norma di interpretazione autentica stabilisce, conseguentemente, che il secondo periodo dell’art. 88 comma 4-ter del TUIR – riguardante la limitazione della detassazione, delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti, all’importo che supera la sommatoria delle perdite fiscali pregresse e di periodo (art. 84 del TUIR), degli interessi passivi indeducibili riportabili (art. 96 comma 4 del TUIR) e delle eccedenze di ACE – si applica, oltre alle ipotesi già previste (concordato di risanamento, accordi di ristrutturazione dei debiti omologati, piani attestati di risanamento pubblicati al Registro delle Imprese e procedure estere equivalenti), anche ai casi di concordato minore in continuità aziendale, accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ordinari, agevolati e ad efficacia estesa (artt. 57, 60 e 61 del CCII) oppure esecutivi del piano attestato di risanamento (art. 56 del CCII, in tal senso si era già espressa la risposta ad interpello n. 222/2024), nonché al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione.

La nuova disposizione non prende, invece, posizione con riferimento al rinvio operato – con il riferimento al contratto con uno o più creditori e all’accordo stragiudiziale firmato anche dall’esperto (art. 23 comma 1 lettere a) e c) del CCII), in esito alla composizione negoziata della crisi, pubblicati al Registro delle Imprese – dall’art. 25-bis comma 5 del CCII, con l’effetto che, alla luce di quanto sopra riportato, sembrerebbe applicabile soltanto il criterio di detassazione parziale di cui al secondo periodo dell’art. 88 comma 4-ter del CCII.

La norma interpretativa precisa, infine, che “non si dà luogo al rimborso delle maggiori imposte versate per effetto di interpretazioni difformi da quella di cui al comma 1”, che non si esprimono, tuttavia, in merito, dal lato dei creditori, alla corrispondente deducibilità delle perdite su crediti (art. 101 commi 5 e 5-bis del TUIR) e all’emissione della nota di variazione IVA (art. 26 comma 3-bis lettera a) del DPR 633/72), che, a parere di scrive, dovrebbero soggiacere, ai medesimi principi introdotti dalla suddetta norma di interpretazione autentica.

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