Presunzioni relative ai fini del COMI
Se, prima della domanda di apertura della procedura, la società ha trasferito all’estero la propria sede legale, tale trasferimento deve ritenersi fittizio
La competenza per l’accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ai sensi dell’art. 27 del DLgs. 14/2019 (CCII), spetta al tribunale nel cui circondario sussiste il “centro degli interessi principali del debitore”, c.d. COMI, come definito dall’art. 2 del CCII e dal Regolamento Ue 2015/848.
Nel sistema previgente, invece, la competenza veniva riconosciuta, ex art. 9 del RD 267/42, in base alla “sede principale dell’impresa”.
Le espressioni – “sede principale dell’impresa” e “centro degli interessi principali del debitore” del Codice della crisi – non differiscono nella sostanza: la giurisprudenza di legittimità, infatti, ha sempre identificato la sede principale dell’impresa con quella in cui svolge la propria attività amministrativa, direttiva, organizzativa, laddove il Regolamento Ue per il COMI contempla la sede amministrativa dell’impresa.
Secondo il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere 15 luglio 2025, pur sussistendo una continuità della disciplina contenuta nella legge fallimentare e, oggi, nel Codice della crisi, non mancano differenze tra le normative. In primo luogo, la nozione del COMI è riferibile non solo agli imprenditori, ma anche ai professionisti e ai consumatori, soggetti alle “procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, disciplinate anch’esse dal CCII.
In secondo luogo, operano delle presunzioni circa l’individuazione del COMI contenute nell’art. 27 comma 3 del CCII, con una estensione diversa rispetto al Regolamento 2015/848.
Dal confronto con il CCII, anch’esso di matrice comunitaria, emergono alcune differenze nell’individuazione del criterio di collegamento rilevante ai fini della competenza per l’apertura (e per lo svolgimento) delle “procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza” previste dal DLgs. 14/2019.
Nel Regolamento operano presunzioni di competenza ancorate a un unico criterio di collegamento (la sede legale per le società e le persone giuridiche, la sede principale di attività per le persone fisiche esercenti attività imprenditoriale o professionale, la residenza abituale per le altre persone fisiche), con possibilità di fornire la prova contraria riferita al COMI come “luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi”.
Nel Codice della crisi, invece, le presunzioni contemplano una pluralità di criteri di collegamento (per le persone giuridiche e gli enti, la sede legale risultante dal Registro delle imprese o, in mancanza, la sede dell’attività abituale o, se sconosciuta, il luogo di residenza, domicilio, dimora o nascita del legale rappresentante; per le persone fisiche esercenti attività di impresa, la sede legale risultante dal Registro Imprese o, in mancanza, la sede dell’attività abituale; per le persone fisiche non esercenti attività di impresa, il luogo di residenza o domicilio o, se sconosciuti, l’ultima dimora nota o, in mancanza, il luogo di nascita se in Italia o ancora, in ultima battuta, il Tribunale di Roma).
Secondo la Relazione del DLgs. 14/2019, “in una prospettiva di semplificazione”, le presunzioni dell’art. 27 del CCII sono “assolute”.
Tale qualificazione, tuttavia, secondo il Tribunale, pare contrastare con la pluralità dei criteri di collegamento ex art. 27 comma 3 del CCII e si pone in contrasto l’art. 2 comma 1 lett. f) della L. 155/2017.
Le presunzioni previste dall’art. 27 comma 3 del CCII, ad avviso del Tribunale, avrebbero carattere relativo, quindi, sarebbero superabili con prova contraria.
Ciò premesso, la giurisprudenza, vigente la legge fallimentare, ha affrontato le fattispecie di spostamento fittizio (trasferimento transfrontaliero) della sede legale della società rispetto all’individuazione del COMI, come declinato dal Regolamento n. 2015/848 e ripreso dall’art. 2 del CCII.
Se nella nuova sede non è esercitata alcuna attività e non è stato spostato il centro dell’attività direttiva, amministrativa e organizzativa dell’impresa, in ragione del carattere fittizio del trasferimento, il COMI continua a essere localizzato in Italia. Qualora il trasferimento all’estero della sede legale della società debitrice sia avvenuto meno di 3 mesi prima della data della proposizione della domanda di fallimento, non opera la presunzione di cui all’art. 3 par. 2 del regolamento Ue 2015/848, che identifica, fino a prova contraria, il COMI con il luogo dove si trova la sede legale (Cass. SS.UU. n. 10356/2021).
Se, prima della domanda di apertura della procedura, la società abbia trasferito all’estero la propria sede legale, tale trasferimento deve ritenersi fittizio, permanendo, così, la giurisdizione del giudice italiano a decidere su quella domanda, ove nella nuova sede non sia esercitata attività economica e (soprattutto) non sia stato spostato l’attività direttiva, amministrativa e organizzativa dell’impresa (Cass. SS.UU. n. 28981/2020).
Ne consegue che, per valorizzare correttamente il dato testuale dell’art. 2 comma 1 lett. m) del CCII, l’operatività delle presunzioni di cui all’art. 27 comma 3 del CCII deve ritenersi non operante ove sia solo fittizio il luogo costituente il criterio di collegamento per l’individuazione del giudice competente.
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