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Lunedì, 24 novembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Il riscontro telematico sull’invio della dichiarazione d’intento non basta

/ Mirco GAZZERA

Lunedì, 24 novembre 2025

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Prima di effettuare operazioni in regime di non imponibilità IVA nei confronti di esportatori abituali, occorre svolgere alcune importanti verifiche. Non si tratta solo del riscontro telematico obbligatorio sull’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate o del monitoraggio circa l’ammontare del plafond utilizzato. È opportuno, infatti, che il fornitore esegua anche ulteriori controlli per scongiurare la sua responsabilità, qualora la dichiarazione d’intento si rivelasse ideologicamente falsa.

I soggetti passivi aventi lo status di “esportatore abituale” possono acquistare beni e servizi nonché importare beni nei limiti del plafond disponibile senza pagamento dell’IVA (art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72). Questo meccanismo permette di evitare o ridurre la fisiologica formazione di una strutturale posizione di credito IVA in capo ai predetti soggetti, i quali effettuano sistematicamente operazioni con l’estero in regime di non imponibilità.

Il cedente o prestatore deve verificare l’avvenuta trasmissione della dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate prima di effettuare l’operazione. L’omissione di questo riscontro costituisce una violazione sanzionata in misura pari al 70% dell’imposta, fermo restando l’obbligo di pagamento della medesima (art. 7 comma 4-bis del DLgs. 471/97).

Ai sensi dell’art. 7 comma 3 secondo periodo del DLgs. 471/97, se la dichiarazione d’intento è stata rilasciata in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, dell’omesso pagamento dell’IVA rispondono esclusivamente i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno rilasciato tale dichiarazione.

Tuttavia, la Cassazione ha adottato un orientamento rigoroso che impone al fornitore di provare, qualora sia accertata la presenza di una dichiarazione d’intento ideologicamente falsa, di aver adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere per assicurarsi di non partecipare alla frode (da ultimo, Cass. nn. 21569/2025, 21568/2025, 21567/2025, 16923/2025 e 12463/2025).

Nel caso esaminato dall’ordinanza n. 16923/2025 sono stati individuati questi elementi sintomatici che, nel complesso, potrebbero portare un avveduto operatore professionale a sospettare la falsità della dichiarazione d’intento:
- la divergenza tra il luogo di scarico effettivo della merce e quello indicato sui documenti;
- il mancato riscontro all’indirizzo indicato come sede legale e operativa della società cessionaria di capannoni o altre strutture idonee allo scarico e deposito della merce;
- la diversità della tratta di trasporto seguita rispetto a quella indicata nelle fatture;
- la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali e l’omissione dei versamenti d’imposta;
- la cessione sottocosto dei prodotti acquistati da parte della società cessionaria;
- i pagamenti sempre antecedenti o contestuali all’emissione delle fatture;
- l’assenza della società cessionaria dalla banca dati VIES;
- il mancato deposito dei bilanci di esercizio.

Oltre al citato riscontro telematico sull’avvenuto invio della dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate è opportuno, pertanto, che il fornitore adotti alcuni accorgimenti come:
- consultare una visura camerale relativa al cessionario o committente per appurare l’assenza di elementi che potrebbero mettere in dubbio la veridicità della dichiarazione d’intento (es. soggetto nel primo anno solare di attività che, dunque, non ha potuto acquisire lo status di esportatore abituale oppure codice attività adottato non coerente con tale status);
- stipulare i contratti in forma scritta con la controparte e chiedere l’utilizzo di mezzi e modalità di pagamento diffusi nella prassi commerciale.

Il dispositivo di contrasto alle frodi non mette al sicuro

L’art. 1 commi 1079 - 1083 della L. 178/2020 ha introdotto alcune misure per rafforzare il dispositivo di contrasto alle frodi realizzate con l’utilizzo del falso plafond IVA. In particolare, è prevista:
- l’effettuazione di specifiche analisi di rischio e conseguenti attività di controllo sostanziale finalizzate a inibire il rilascio e a invalidare le lettere di intento illegittime emesse da falsi esportatori abituali;
- l’inibizione dell’emissione della fattura elettronica recante il titolo di non imponibilità IVA ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72, nel caso in cui la fattura riporti un numero di protocollo relativo a una dichiarazione d’intento invalidata.

Le modalità operative per l’attuazione del presidio antifrode in esame sono state definite con il provv. Agenzia delle Entrate n. 293390/2021.
Tuttavia, il dispositivo rischia di intervenire solo ex post, una volta che la frode è stata realizzata. Da qui la necessità per il cedente o prestatore di porre in essere gli opportuni controlli per dimostrare la sua estraneità all’eventuale condotta fraudolenta della controparte.

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