Se il socio recede, è la società che trasferisce le partecipazioni
Il trasferimento si attua nelle forme previste dalla legge per i negozi traslativi
La recente massima H.H.16 del Comitato triveneto dei notai precisa che, nell’ipotesi in cui la liquidazione del socio receduto avvenga tramite trasferimento delle azioni agli altri soci, agli obbligazionisti convertibili, a terzi o alla società emittente medesima, ai sensi dell’art. 2437-quater c.c., è necessario operare tramite un regolare trasferimento dei titoli nelle forme e con gli adempimenti previsti dalla legge in relazione al loro regime di circolazione.
Analogamente si ragiona (con la massima I.H.15) nelle srl, con riguardo al regime di circolazione delle quote (tradizionale ex artt. 2470 c.c. e 36 comma 1-bis del DL 112/2008, intermediato ex art. 100-ter del DLgs. 58/98 e dematerializzato ex art. 83-bis del DLgs. 58/98).
In sostanza, si legge nelle motivazioni, la liquidazione non può avvenire in modo meramente contabile o dichiarativo, ma richiede la forma propria dei negozi traslativi previsti dalla legge, con i relativi adempimenti.
Il soggetto legittimato a operare il trasferimento delle azioni è la società, tramite i suoi legali rappresentanti.
Questa è una conseguenza necessaria della natura di atto unilaterale recettizio della dichiarazione di recesso, che comporta la perdita della qualità di socio da parte del receduto dal momento in cui la società ha ricevuto tale comunicazione e con essa il diritto di disporre delle relative azioni (ancorché le medesime, per quanto depositate presso la sede sociale, continuino a essere a lui formalmente intestate), nonché dell’obbligo posto a solo carico della società di liquidare le azioni; obbligo che non potrebbe essere adempiuto da chi non avesse il potere di disporne.
Si osserva – per inciso – che la soluzione della perdita immediata della qualità di socio ha recentemente trovato conferma anche in seno alla Suprema Corte. La sentenza 5 giugno 2025 n. 15087, infatti, ha stabilito che, in base all’art. 2437-bis comma 3 c.c., il recesso da spa costituisce un negozio giuridico unilaterale recettizio che produce i suoi effetti nel momento in cui viene portato a conoscenza della società ed è subordinato alla condizione risolutiva rappresentata, alternativamente, dall’intervento, nel termine di 90 giorni ivi previsto, della revoca della delibera che lo legittima o della delibera di scioglimento della società. In ragione della deliberazione di revoca o di scioglimento il socio receduto riacquista (ex tunc) lo stato di socio, comprensivo della legittimazione a impugnare sia tale deliberazione che le altre che siano state adottate dopo il proprio recesso.
A ogni modo, è per i motivi rappresentati che, a giudizio dei notai, l’art. 2437-quater c.c. attribuisce espressamente agli amministratori il potere/dovere di vendere le azioni del socio receduto.
Si tratta di una puntualizzazione che non si ritrova nella più sintetica disciplina del recesso da srl, ma che non può presentare una soluzione differente in ragione della coincidenza di fattispecie, di effetti, di obblighi, di diritti e di interessi tutelati.
D’altra parte, la ricostruzione ritenuta preferibile evidenzia come anche nelle srl la dichiarazione di recesso produca effetti immediati quando giunge a conoscenza della società, con il socio che perde tale qualità, assumendo quella di creditore (cfr. lo studio del Consiglio nazionale del Notariato n. 188-2011/I) e, a giudizio di chi scrive, i rilievi della Cassazione appaiano riferibili anche alle srl. Tanto è vero che tra gli argomenti addotti a sostegno delle proprie conclusioni la Suprema Corte colloca anche il fatto che il codice, nello stabilire i criteri attraverso cui pervenire al valore di liquidazione delle partecipazioni nelle società di capitali, non prenda in considerazione il momento in cui si attua la detta liquidazione, ma anzi assuma come riferimento temporale, per le quote delle srl, “il momento della dichiarazione di recesso” (ex art. 2473 comma 3 c.c.).
Prescindendo dal momento in cui il recesso del socio assume efficacia, tuttavia – e con specifico riferimento all’individuazione del soggetto legittimato a porre in essere il trasferimento della partecipazione del socio receduto dalla srl – occorre dar conto del diverso orientamento espresso dal Giudice del Registro delle imprese presso il Tribunale di Roma nel provvedimento 14 marzo 2018, in cui si è osservato che:
- la disciplina delle srl non prevede in alcun punto il deposito delle quote sociali o l’inalienabilità delle medesime in caso di recesso del socio;
- l’attribuzione agli amministratori di spa di un potere dispositivo sulla partecipazione del socio recedente sarebbe oggetto di una norma di carattere eccezionale.
Ne consegue – secondo il giudice romano – che l’art. 2437-quater c.c. sarebbe inapplicabile in via analogica alle srl e che dovrebbe ritenersi che, una volta esercitato il diritto di recesso, il socio della srl accetti implicitamente che le modalità di liquidazione della quota si realizzino secondo lo schema legislativo, assumendo l’eventuale obbligo di cedere la partecipazione.
La violazione dell’obbligo di cooperazione nel perfezionamento della vicenda traslativa da parte del recedente, poi, legittimerebbe gli altri soci a esperire l’esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c.
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