Necessaria una congrua controprestazione se il preavviso è più lungo
Ai fini della validità di un termine di preavviso più lungo rispetto a quello stabilito dal contratto collettivo occorre rispettare specifiche condizioni
Il Tribunale di Tivoli, con la sentenza n. 1488/2025, ha ribadito alcuni principi chiave sulla validità del c.d. patto di prolungamento del preavviso, vale a dire di quel patto con cui (generalmente) il lavoratore si impegna a rispettare, in caso di dimissioni, un termine di preavviso più lungo rispetto a quello stabilito dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro, salva la sussistenza di una giusta causa di recesso ai sensi dell’art. 2119 c.c.
Nel caso di specie il lavoratore, con qualifica di quadro, aveva rassegnato le dimissioni nel rispetto del maggior termine di preavviso convenuto con il datore di lavoro, vale a dire 18 mesi invece dei 90 giorni previsti dal CCNL in ragione del suo inquadramento e della sua anzianità. Nelle more di questo termine ma comunque, scrivono testualmente i giudici, “nel rispetto del termine di cui al CCNL, già decorso rispetto alla precedente comunicazione”, il lavoratore aveva rassegnato le dimissioni per giusta causa “con riferimento ad asserite condotte di straining subite”.
Il Tribunale di Tivoli, a seguito della richiesta di accertamento dell’obbligo del lavoratore di corrispondere una somma di denaro a titolo di indennità per mancato rispetto del maggior termine di preavviso convenuto, si è così trovato a doversi pronunciare sulla validità del patto stipulato dalle parti.
Dopo aver ripercorso i consolidati principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui le parti contrattuali possono convenire un termine di preavviso più lungo rispetto a quello stabilito dalla contrattazione collettiva se rispettate specifiche condizioni, il giudice ha concluso per l’invalidità del patto di prolungamento del preavviso nel caso concreto.
In primo luogo, nella sentenza si ricorda che tale pattuizione deve essere funzionale al perseguimento di finalità meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, come, per quanto riguarda il datore di lavoro, la garanzia di una maggiore fidelizzazione del dipendente, anche in considerazione della difficoltà di una sua sostituzione in ragione del ruolo ricoperto.
La pattuizione può anche essere reciproca, potendo essere convenuto anche il vincolo, da parte datoriale, di rispettare un termine di preavviso più lungo in caso di licenziamento, con diritto in capo al lavoratore al computo dell’intero periodo agli effetti di legge.
Il patto di prolungamento del preavviso non può, poi, escludere del tutto il preavviso o limitarne la durata, essendo ammessa solo la previsione di un termine più lungo.
Il giudice, nella sentenza in esame, evidenzia inoltre, quale ulteriore condizione di validità del patto, la necessità che venga prevista una congrua controprestazione, che può consistere nel riconoscimento in favore del lavoratore soggetto a un termine di preavviso più lungo di un corrispettivo o nel riconoscimento di altri vantaggi (cfr. Cass. nn. 18122/2016 e 4991/2015).
Nella pronuncia si sottolinea che la previsione di tale controprestazione rileva anche ai fini della comparazione con il termine previsto dal contratto collettivo applicato, dato che l’assenza di un corrispettivo o il riconoscimento di un corrispettivo non adeguato rispetto alla previsione di un termine di preavviso più lungo si tradurrebbe in una deroga in peius del termine previsto dal contratto collettivo stesso, in violazione del comma 2 dell’art. 2077 c.c. (secondo cui le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro).
Nel caso di specie, la controprestazione, come da clausola contrattuale, era stata individuata “nel computo dell’intero periodo agli effetti della indennità di anzianità, dei miglioramenti retributivi e di carriera e dal regime di tutela della salute”.
Il Tribunale ha ritenuto tali vantaggi, di fatto, insussistenti: al lavoratore era stato imposto un vincolo più gravoso senza il riconoscimento di alcuna compensazione in termini di miglioramento delle altre condizioni del rapporto.
Il giudice osserva che nel rapporto di lavoro subordinato il periodo di preavviso lavorato è normalmente computato ai fini dell’anzianità professionale, con ogni conseguenza in termini di maturazione di connessi benefici retributivi e di carriera. Quanto, poi, al riferimento al miglioramento nel “regime di tutela della salute”, si evidenzia che tale locuzione di per sé risulta priva di specifico significato in mancanza di ulteriori riferimenti, come una copertura assicurativa o altre misure di welfare aziendali.
A fronte, quindi, dell’assenza di corrispettività, la contrattazione individuale è stata ritenuta, nel caso di specie, peggiorativa rispetto a quella di cui al CCNL, con conseguente nullità della clausola di prolungamento del preavviso ai sensi dell’art. 2077 c.c.
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