Compensazione dei crediti non garantita dallo statuto
La compensazione automatica dei crediti che un cittadino vanta nei confronti del fisco scatta solo nei casi previsti dalla legge e non è garantita dallo statuto del contribuente.
L’ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 2957 del 10 febbraio 2010, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria regionale di Milano. Nel caso esaminato, il contribuente aveva ricevuto un avviso di accertamento IRPEF che voleva compensare con un credito IVA.
La Suprema Corte ha bocciato la tesi di compensazione automatica ricordando come in materia tributaria essa sia ammessa “in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti”, in base al principio per cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso e ogni deduzione sono regolate da leggi specifiche e inderogabili. Il principio non può ritenersi superato nemmeno per effetto dell’art. 8, comma 1, della L. 212/2000 (cosiddetto statuto dei diritti del contribuente) che, prevedendo l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti. Inoltre, l’art. 17 del DLgs. 241/1007, che ammette la compensazione in sede di versamenti unitari delle imposte, ne ha comunque limitato l’applicazione ai casi di crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti e risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate dopo la data della sua entrata in vigore. (Redazione)
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