La Banca d’Italia alza la stima del PIL a +1%
ROMA - L’andamento del commercio mondiale, “che gli organismi internazionali prevedono in crescita più sostenuta rispetto a quello ipotizzato nello scenario presentato nel Bollettino economico dello scorso gennaio, sospingerebbe la crescita dell’economia italiana nel biennio 2010-11 all’1% in entrambi gli anni”. Lo si legge nel Bollettino della Banca d’Italia, che in precedenza prevedeva per quest’anno una crescita dello 0,7% e dell’1% nel 2011. “Nella seconda parte del 2010 l’esaurirsi delle misure di stimolo fiscale e nel 2011 gli effetti restrittivi del piano di risanamento dei conti pubblici disposto dal Governo determinerebbero un rallentamento dell’attività produttiva rispetto al primo semestre di quest’anno”.
La crescita del PIL - ricorda via Nazionale - “si è discostata di poco dalla media nei maggiori paesi dell’area: uguale in Germania, lievemente inferiore in Francia e in Spagna (0,1%), superiore in Italia (0,4%) dove ha recuperato il lieve calo di fine 2009 (-0,1 per cento). Complessivamente, dall’avvio della ripresa e fino al primo trimestre di quest’anno, il Pil dell’area è salito dello 0,7%; la crescita è stata analoga in Italia, più intensa in Germania e in Francia (1,5 e 1,2%, rispettivamente). Per la media dell’area il livello corrente del prodotto è tuttavia ancora largamente inferiore, di circa cinque punti percentuali, a quello precedente la crisi”.
La Banca d’Italia sottolinea inoltre che ci sono ancora “margini di incertezza sulla ripresa internazionale” e “permangono ampi”. Lo stesso vale per l’Italia. Questi margini di incertezza si registrano in due direzioni: “le economie emergenti potrebbero ulteriormente accelerare, ma un loro surriscaldamento innescherebbe politiche restrittive; nelle economie avanzate sarà cruciale la solidità delle componenti interne della domanda una volta che si saranno esaurite le misure di stimolo introdotte dai governi all’inizio della crisi. Corrispondenti incertezze circondano lo scenario per l’economia italiana”.
Nel documento, Bankitalia precisa inoltre che la ripresa dell’attività economica “non è stata sufficiente a invertire la dinamica dell’occupazione, che nel primo trimestre ha tuttavia smesso di ridursi”. Ragion per cui “l’occupazione stenta ad aumentare”. “Secondo dati provvisori, nel secondo trimestre non sarebbe significativamente migliorata. Il tasso di disoccupazione, al netto dei fattori stagionali, è all’8,7 per cento, le ore di cassa integrazione sono lievemente diminuite”.
In base alla Rilevazione continua sulle forze di lavoro dell’ISTAT, viene ricordato, nel primo trimestre del 2010 l’occupazione è tornata seppure marginalmente ad aumentare, dello 0,1% rispetto al periodo precedente, dopo essersi ridotta per sei trimestri consecutivi. La dinamica rimane però incerta: la nuova lieve crescita registrata in aprile (0,2% rispetto a marzo) è stata riassorbita in maggio (-0,2% rispetto ad aprile). Nel primo trimestre il numero dei posti di lavoro per i quali le imprese cercano personale (posti vacanti) è salito (0,7% in rapporto al numero degli occupati, 0,1 punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo del 2009). La ripresa dell’occupazione rispetto al quarto trimestre del 2009 ha interessato prevalentemente i servizi alle persone e alle famiglie e ha riguardato le sole regioni del Nord e del Centro. Continua invece il calo nell’industria in senso stretto, nell’agricoltura e nel Mezzogiorno.
Per quanto riguarda l’inflazione italiana, infine, “viene contenuta dalla perdurante debolezza dei consumi delle famiglie”. Sui dodici mesi, infatti, “dopo un rialzo all’inizio del 2010 indotto dalla componente energetica, si è stabilizzata intorno all’1,5%, anche nella definizione al netto delle componenti più volatili; viene contenuta dalla perdurante debolezza dei consumi delle famiglie; in giugno è scesa all’1,3%. Dall’inizio dell’anno la crescita tendenziale dei prezzi dei beni non alimentari e non energetici si è mantenuta poco sotto l’1 per cento; quella dei servizi è rimasta su livelli storicamente molto bassi. Sulla base dell’indice armonizzato tra i paesi dell’area dell’euro, il differenziale di inflazione dell’Italia nei confronti della media dell’area si è annullato a partire da marzo; nello scorso biennio era risultato pressoché sempre positivo”. (Ansa)
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