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LETTERE

La capacità contributiva andrebbe calcolata utilizzando l’ISEE

Giovedì, 3 febbraio 2011

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Egregio Direttore,
vorrei brevemente intervenire sul tema dell’opportunità di uscire dallo schematismo “capacità contributiva = reddito”, traendo spunto dalle riflessioni che Lei svolgeva liberamente sul quotidiano.

È sotto gli occhi di tutti la crisi ormai pluridecennale del concetto di capacità contributiva, con l’inidoneità del reddito a rappresentare di per sé la “ricchezza” dei contribuenti.
Il problema è stato oggetto di ampi e autorevoli dibattiti in passato.
Secondo un autorevole interprete come il prof. De Mita, “l’imposta non deve essere espropriativa e pertanto può tassare soltanto il reddito derivante da patrimonio”, e non già il “patrimonio” in sé.

Occorre tuttavia registrare quanto si è detto sopra: la “capacità contributiva” è in crisi profonda, a causa dell’evasione tributaria, dell’accumulo di patrimoni personali e familiari negli anni e decenni passati, della sperequazione fiscale tra lavoro e rendita, del fiscal drag, etc. etc.
Ci troviamo quindi di fronte al problema che Lei sollevava: un onesto cittadino “che paghi le tasse” e lavori proficuamente, realizzando nell’ambito della propria attività dei redditi più o meno significativi, subisce un prelievo più gravoso rispetto al rentier che non fa nulla, se non godere dei frutti di un capitale “statico”.

Argomenti analoghi sono quelli sviluppati dal “gruppo” di Raffaello Lupi: “Poniamo il caso limite di un funzionario che guadagna 3.000 euro al mese e di un bidello che ne guadagna 1.000, ma che possiede un appartamento affittato in nero al dirigente. A conti fatti, il gioco della redistribuzione sarà a sfavore del dirigente, in quanto il suo reddito è tracciato per intero, e a favore del bidello che in chiaro guadagna un terzo del proprio inquilino, ma a fine mese i redditi percepiti, chiari e scuri, saranno equivalenti. Se poi c’è di mezzo anche un secondo lavoro del bidello, i rapporti si invertono”.

Occorre riformare il sistema, ma evitando nel modo più assoluto di generare un’“imposta patrimoniale”. Come fare? A mio avviso, un sistema c’è già: basta guardare all’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), utilizzato ai fini dell’accesso a prestazioni sociali agevolate o a servizi di pubblica utilità.
Lo strumento è in grado di combinare reddito e patrimonio, valorizzando una situazione economica generale che peraltro fa riferimento alle disponibilità dell’intero nucleo familiare. Esso produce quindi una “fotografia” della capacità contributiva di ciascuno che è ben più attendibile rispetto a quella fornita dal semplice reddito imponibile. Il concorso del patrimonio nell’ambito dello strumento è peraltro parziale, con una franchigia per la casa di abitazione e l’esclusione dei mutui contratti per l’acquisto della stessa.

Se i futuri legislatori vorranno intervenire, spererei lo facessero iniziando dal Titolo I del TUIR, “correggendo” quindi il “reddito complessivo” mediante l’ISEE o un analogo dispositivo, in grado di dare attuazione a un più aggiornato concetto di giustizia tributaria sostanziale.


Fabio Carrirolo, Esperto fiscale - Venezia

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