L’aggregazione delle strutture è fondamentale per il nostro futuro
Caro Direttore,
prendo spunto dall’intervento del collega, e corregionale, Marco Pezzetta, pubblicato nell’edizione di giovedì 10 febbraio 2011 (“Giusto parlare di invii telematici, ma le sfide davvero importanti sono altre”), per fare una riflessione propositiva.
In particolare, voglio riallacciarmi a quanto scrive il collega in merito “all’aggregazione delle strutture, per dotare i professionisti di strumenti associativi adeguati ai tempi”.
Condivido il pensiero; anzi, credo proprio che questo possa essere uno snodo fondamentale per il futuro della nostra amata professione.
Ritengo, soprattutto, che gli aspetti su cui bisognerebbe puntare siano di carattere tanto “strumentale” quanto “organizzativo”.
Sotto il primo profilo, non si può non sottolineare il fatto che, come rileva anche il collega, sia necessario poter approntare politiche di incentivo all’aggregazione delle strutture.
Credo che si possa tendere verso questo obiettivo anche, semplicemente, riuscendo a predisporre strumenti atti ad agevolare i professionisti: parlo di piattaforme comuni di software, studiate per le esigenze dei colleghi e che potrebbero essere fornite a costi competitivi, sempre nella considerazione di avere a che fare con strutture che abbiano un numero minimo di utenti; parlo di compagnie di assicurazioni che permettano ai colleghi di poter svolgere il proprio lavoro serenamente, nella consapevolezza che, per quanto impegno si profonda nell’attività, sbagliare è purtroppo possibile, ma un errore non può essere per sempre. Intendo dire che, più che avere costi competitivi di assicurazioni, sarebbe cosa buona e giusta disporre di compagnie che non ti abbandonino al primo errore.
Ancor più banalmente, parlo di creare veri e propri gruppi di acquisto che permettano l’acquisizione di libri, cancelleria o attrezzature per ufficio, a costi competitivi per strutture di una certa dimensione.
A questo aspetto “strumentale”, sarebbe bello poterne affiancare un secondo, da me definito “organizzativo”.
Lo studio, di una certa dimensione, e nuovamente mi riallaccio a quanto citato dal Presidente dell’Ordine di Udine nel suo intervento, deve essere in grado di fornire servizi di sempre maggior qualità, competenza e formazione professionale.
Per ottenere tutto questo, è indispensabile riuscire a togliersi di dosso quel vecchio “abito” a causa del quale spesso vediamo con diffidenza la possibilità di creare strutture in cui alcuni colleghi siano dipendenti di altri. Ebbene sì, dipendenti, che percepiscano un reddito adeguato alle proprie professionalità, senza sentirsi pertanto sminuiti rispetto ai titolari della struttura. Una sorta di clinica privata della professione del dottore commercialista.
Con i riflessi positivi del caso sia in termini di contribuzione fiscale che in termini di contribuzione previdenziale.
Quale il possibile compito del Consiglio nazionale in questo genere di politiche?
Permettere alla professione di avere un ruolo sempre più pregnante nel panorama economico e incentivare la sottoscrizione di accordi collettivi che agevolino la realizzazione di strutture di questo tipo.
Quale il compito delle associazioni di categoria?
Affiancare il Consiglio nazionale nella gestione di politiche così necessarie nel concreto, sia per quanto riguarda le politiche strumentali e quotidiane, sia per quanto riguarda le politiche “organizzative”.
Sono sfide che noi per primi, spesso consulenti dei nostri colleghi nell’organizzazione delle loro strutture, dobbiamo affrontare con la nostra consueta lungimiranza.
Paolo Ingrao
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Pordenone
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