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LETTERE

La Cassazione ci attribuisce esclusive già «nostre»: dove abbiamo sbagliato?

Lunedì, 21 marzo 2011

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Caro Direttore,
abbiamo tutti letto con sorpresa il ragionamento e le conclusioni della recente sentenza n. 10100/2011 della Corte di Cassazione (si vedano “Per la Cassazione la consulenza fiscale è riservata ai commercialisti” del 14 marzo scorso). La professione del commercialista è protetta e, pertanto, le attività che le sono proprie, precipuamente indicate nella legge istitutiva della medesima, possono essere svolte esclusivamente da soggetti abilitati e iscritti nell’apposito Albo. Secondo la Suprema Corte, la circostanza che la legge regolante la professione non preveda clausole di esclusività è un aspetto irrilevante, essendo, invece, determinante, nell’ambito della prestazione fornita, la qualificazione e l’accertamento come atto tipico della professione.

Adesso, però, non possono che affollare la mente di ciascuno di noi alcuni interrogativi. Abbiamo sbagliato fino ad oggi a non ritenere riservate alcune attività? Siamo stati troppo “liberali”? La paura di sembrare una professione chiusa o conservatrice ci ha fatto abdicare alla difesa delle nostre prerogative esclusive? Il desiderio di correre in avanti per mettere bandierine su attività nuove (vedi la cessione di quote sociali e più recentemente la mediazione) ci ha fatto perdere nel tempo la capacità di tenerci stretto ciò che già avevamo? È una responsabilità del CNDCEC e/o dei Sindacati? Ci accorgiamo solo oggi di quanto sia importante e delicata la corretta tenuta delle scritture contabili?

Le questioni aperte non riguardano solo il contegno tenuto nel recente passato, ma involvono evidentemente anche il presente e il futuro. Perché è indubbio che, se il nostro atteggiarci di fronte all’affondo della Cassazione deve essere ispirato a coerenza, ebbene, la sentenza in parola dovrebbe lasciarci non dico indifferenti, ma quasi. Se così non fosse allora le domande precedenti avrebbero tutte un’inequivocabile risposta dal suono assordante di un j’accuse! Senza contare l’aspetto più ironico della questione, ovvero aspettavamo che qualcuno (la Corte) ci facesse notare che si era consumato un “furto” in casa nostra e che ci stavano strappando dei diritti: ma come? Ce l’hanno fatta sotto il naso?

Valutiamo serenamente anche un altro elemento delle vicenda, probabilmente importante. La “difesa” eventuale di questa sentenza, strenua o flebile che sia, dovrà essere condotta con rigore e continuità, nella consapevolezza che si tratta di una sentenza e che altre ve ne potrebbero essere in futuro di segno opposto e contrario. Arretrare domani, al mutare della sensibilità dei giudici, avrebbe ancora di più il sapore del paradossale e dell’autolesionismo.

Siamo, credo, sicuri solo di una cosa, vale a dire: o abbiamo sbagliato in passato o stiamo sbagliando adesso. Indiscutibilmente uno sbaglio da qualche parte c’è stato, c’è o ci sarà.


Marco Cramarossa
Presidente UGDCEC di Bari e Trani

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