Più tasse per (quasi) tutti
Chi ha di più deve dare di più.
Come si fa a non essere d’accordo con un’affermazione del genere in un momento di crisi straordinaria come questo?
Infatti, sono in molti a ripeterlo in queste drammatiche giornate.
Generalmente, il primo problema che ci si pone, una volta accettato il principio, è: quanto di più?
Grave errore, perché il primo problema che ci si dovrebbe porre è: chi ha di più?
Ha di più un cittadino che possiede solo casa sua e guadagna 100mila euro l’anno, grazie alla sua attività lavorativa svolta come dipendente o libero professionista; oppure ha di più un cittadino che non lavora, ma guadagna comunque 100mila euro l’anno grazie agli affitti dei dieci immobili che possiede, oltre a quello in cui vive?
E il cittadino che non lavora, ma guadagna lo stesso i suoi bravi 100mila euro l’anno grazie al rendimento al 2% dei 5 milioni di euro di titoli che possiede in banca?
Chi tra questi tre cittadini ha di più?
Se guardiamo alle scelte compiute in questi anni dai diversi governi che si sono succeduti, o anche soltanto alle proposte che sono state avanzate dalle opposizioni di turno, sembrerebbe non esservi partita: ha di più il cittadino che possiede solo casa sua e che si guadagna i suoi 100mila euro lavorando.
A quanto pare, sarà così anche questa volta.
Nel decreto allo studio del governo si ragiona infatti di prelievi una tantum di solidarietà sui redditi di lavoro dipendente sopra i 90mila euro (un 5% che diventerebbe 10% oltre i 150mila, sulla falsa riga di quanto già fatto sui redditi di lavoro dei dipendenti pubblici) e di aumenti dell’IRPEF già a partire dai 55mila euro sui redditi di lavoro autonomo.
Si dirà che è in parallela discussione anche l’aumento dal 12,5% al 20% della tassazione delle rendite finanziarie (rendimenti dei titoli di Stato esclusi).
È vero, ma mettere questa misura sullo stesso piano di quelle che potrebbero determinare un aumento di imposizione su redditi di lavoro già oggi tassati intorno al 40%, è operazione che richiede un coraggio che, perlomeno noi, non abbiamo.
Mancano all’appello, buon per loro, i redditi immobiliari, peraltro recentemente premiati con la cedolare secca del 20%.
Insomma, più tasse per quasi tutti, ma secondo un rigido ordine di priorità: tassare solo i redditi e niente le famose cose; tassare chi lavora, poi chi possiede titoli e non disturbare chi possiede immobili.
Se ai più sta bene così, è giusto che si vada avanti così.
Resta il sospetto che un Paese in cui si abbina il rispetto quasi sacrale per i patrimoni a una evidente disinvoltura nel tassare a più non posso i redditi medio-alti di lavoro, sia il luogo perfetto per chi ha già risparmiato e il luogo peggiore per chi vuole risparmiare.
Chi c’è, c’è: il futuro è alle spalle.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41