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LETTERE

Contro l’evasione, quoziente familiare e «tessera» per contabilizzare le spese

Venerdì, 9 settembre 2011

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Caro Direttore,
sono, come presumo tutti i colleghi e tutte le persone di buon senso, stupefatto dal comportamento della “politica” di fronte alla crisi epocale che stiamo vivendo.

Non voglio dilungarmi nelle critiche su quanto è stato fatto, sui provvedimenti basati sulla politica dell’annuncio, sull’isteria e l’approssimazione di chi ci governa (!): molto è stato scritto da tanti.
Devo dire, comunque, che in questo bailamme di pseudo-provvedimenti ho provato anche ilarità nel leggere della “lotta all’evasione fiscale” e dei commenti in proposito sia della cosiddetta “stampa specialistica” sia, in alcuni casi, degli “addetti ai lavori”, che spessissimo si riempiono la bocca dicendo che bisogna fare le riforme strutturali (sì, d’accordo, ma quali?).

Vorrei, però, che questo mio intervento avesse un taglio principalmente costruttivo, vorrei fare delle proposte, anzi una proposta.
È indubbio che il problema principale è l’evasione fiscale, oltre 100 miliardi all’anno dicono le statistiche.
Osservando come si ritiene di combattere l’evasione fiscale nel nostro Paese, mi viene in mente l’epoca del proibizionismo negli USA: tanto più si cercava di reprimere, tanto più il commercio proibito prosperava.

Da noi accade lo stesso in campo fiscale: ogni Ministro cerca di inventarsi strumenti sempre più cervellotici e sempre più inutili per contrastare i perfidi evasori, fra redditometro, spesometro, studi di settore, scontrini telematici e chi più ne ha più ne metta. Con quali risultati? Risposta facile: zero. Salvo considerare un successo l’incremento di riscossioni di Equitalia SpA basato in realtà su strumenti di coercizione di dubbia legittimità.

Occorre aumentare la base imponibile e qual è la soluzione?
La soluzione, in campo IRPEF, è il conflitto di interessi tra chi vende e chi compra, sia un bene sia un servizio. Liberalizziamo la deducibilità dei costi sostenuti dalle famiglie per vivere, così come avviene in legislazioni fiscali di altri importanti Paesi (USA su tutti). Si noti che ho parlato di famiglie: è ora di introdurre il quoziente familiare, la famiglia deve essere il soggetto tassato ai fini IRPEF. Attribuiamo a ogni famiglia il codice fiscale a cui collegare una tessera elettronica, dotata di chip, che memorizzi tutte le spese sostenute dal nucleo familiare. Poi decidiamo come classificare le varie spese per macro-categorie e quale percentuale di deducibilità attribuire a ciascuna categoria (che però deve essere alta, non sotto il 40-50%). Tutte le spese devono essere contabilizzate sulla “tessera fiscale”, che alla fine dell’anno potrebbe essere letta da noi dottori commercialisti o da uffici dell’Agenzia stessa per il calcolo della tassazione e la conseguente “Dichiarazione del reddito familiare”.

Ho parlato con alcuni tecnici, anche di software house specializzate, e tutti mi hanno confermato la fattibilità dell’idea, anche in modo abbastanza semplice.
Con questo sistema si azzererebbe l’evasione perché tutti avrebbero interesse a “scaricare” (per usare un gergo molto diffuso) le spese, vi sarebbe uno stimolo ai consumi di cui abbiamo tanto bisogno, si introdurrebbe un sistema molto più equo di quello attuale, si recupererebbe imponibile IVA, si potrebbero ridurre le aliquote, il cuneo fiscale così importante per la competitività del sistema paese, e così via.
Chiaramente, per ragioni evidenti, ho dovuto sintetizzare molto la mia idea.


Walter Marazzani
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano


***


Caro Collega,
l’impostazione è sicuramente condivisibile nelle sue linee di fondo.

Il contrasto di interessi (che di conflitti ne abbiamo già anche troppi) è senza dubbio la via maestra, alternativa a quella puramente repressiva, per sconfiggere l’evasione fiscale di massa.

Il problema è, appunto, quello di non spostare su quaranta milioni di dichiarazioni quello che oggi l’Amministrazione finanziaria fatica a fare su cinque: verificare, con sufficiente efficacia dissuasiva, che non vengano indicati in dichiarazioni costi eccedenti quelli effettivamente sostenuti, o comunque costi che non confluiscono come proventi nelle dichiarazioni delle controparti delle singole transazioni.

La via che proponi non trascura questo aspetto e merita di essere considerata e approfondita.


Enrico Zanetti
Direttore Eutekne.Info

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