Se un Consigliere nazionale parla come Befera
Caro Direttore,
leggendo il vostro quotidiano mi sono imbattuto nell’intervista al collega Paolo Moretti, Consigliere nazionale con delega alla fiscalità (si veda “Moretti: «Imperativo collaborare con l’Agenzia»” di ieri), e all’inizio ho pensato che si trattasse di uno scherzo e che l’articolista avrebbe poi svelato l’arcano, spiegandoci che in realtà l’intervista era stata concessa da Attilio Befera. Solo così potrebbe spiegarsi l’assoluta condiscendenza a qualunque richiesta ci pervenga dall’Agenzia delle Entrate, che andrebbe anzi ringraziata perché così permette ai nostri studi di sostenersi (“spesso quegli adempimenti sono la principale fonte di sostentamento degli studi”).
Se questa è la posizione ufficiale della nostra categoria, capisco perché, quando si è trattato di discutere della riforma fiscale, il Governo abbia convocato tutte le più disparate associazioni e categorie tranne la nostra, tanto per noi “l’imperativo è collaborare”.
Da oggi guarderò con meno apprensione alle norme di liberalizzazione delle professioni, chiedendomi sempre più dove sia il vantaggio nel farvi parte.
Giuseppe Crippa
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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Caro Collega,
le tue perplessità sono anche le mie, così come sono di altri che, come te, ci hanno scritto.
In questo anno e mezzo di Eutekne.Info abbiamo toccato tanti temi, ma, per quanto riguarda il tema dei rapporti tra commercialisti e Agenzia delle Entrate, abbiamo imparato una cosa: ci vorranno anni per costruire un rapporto serio e di reciproca soddisfazione.
E il motivo, prima che in casa altrui, va ricercato in casa nostra.
Una percentuale minoritaria, ma non marginale dei commercialisti vive il comprensibile e ricambiato rapporto di amore e odio con l’Agenzia delle Entrate nel seguente modo: più si sente un peones della “base” e più ritiene un proprio dovere deontologico spiegare al mondo che l’Agenzia delle Entrate è la causa di ogni male; più si ritrova a coprire cariche di responsabilità, che lo espongono alla “individuazione” della controparte, e più ritiene un proprio dovere deontologico genuflettersi all’istituzione nel nome di un’utilità suprema dei Colleghi che prima non vedeva e, forse, pure nel nome di una sua sana tranquillità relazionale a livello personale.
Non è così per tutti: sto solo facendo uno... “studio di settore”.
Come i commercialisti possano pensare di essere presi in seria considerazione da un interlocutore che vede una ristretta cerchia di penitenti alla guida di una massa di imbestialiti, è mistero degno di menti più brillanti della mia.
Per parte nostra, rispettiamo l’Agenzia delle Entrate come una delle articolazioni più efficienti dello Stato, addolorati però del fatto che questa qualifica, ironia della sorte di questo Paese, tocchi proprio all’unica Pubblica Amministrazione che ha come compito istituzionale quello di chiedere al cittadino, anziché di erogargli un servizio.
Ciò nondimeno, la critichiamo senza tanti giri di parole quando ci sembra che, come capita a tutti a questo mondo e anche ai commercialisti, sposi o assuma posizioni non condivisibili.
Questo rifiuto della logica comoda della genuflessione e della logica strumentale dell’isteria ci pone spesso nella paradossale situazione di essere considerati, al tempo stesso, collusi e ostili.
Siamo dei poveri sciocchi e dei pessimi manager di noi stessi?
Ci piace credere di essere semplicemente coerenti rispetto a ciò che siamo e cioè liberi professionisti.
Liberi nel pensiero e professionisti nell’esprimerlo.
Più ancora, ci piace credere (e, in verità, ne siamo convinti anche dalla lettura di ottime lettere come la tua) che proprio questo sia il modo con cui si valorizza il lavoro, la professionalità e la serietà della maggioranza silenziosa, né genuflessa né isterica, dei commercialisti italiani.
Enrico Zanetti
Direttore di Eutekne.Info
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