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LETTERE

L’Agenzia dovrebbe dimostrare ogni anno l’utilità effettiva degli adempimenti

Venerdì, 3 ottobre 2014

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Caro Direttore,
l’azione di Governo non sortirà effetti significativi se non si cambia subito, con un’azione radicale, la P.A.

Bei tempi allorché Scalfaro, allora Presidente della Repubblica, si scagliò contro la Pubblica Amministrazione, che aveva concepito una dichiarazione dei redditi che egli definì “lunare”; una passeggiata se paragonata all’attuale. Secondo quanto riportò il Corriere della Sera del 18 giugno 1993, Scalfaro si espresse in questi termini: “Il cittadino ha diritto ad avere in mano un foglio di quattro facciate, con su scritte poche cose comprensibili da tutti. Questo è un diritto. Non possiamo, per la bravura incomprensibile di tecnici lunari, rischiare di dover pagare lo scotto di una rottura del rapporto di fiducia tra cittadino e Stato: non è pensabile”. Il contribuente “deve essere chiamato alla partecipazione secondo le sue possibilità. È principio fondamentale, morale, di convivenza in una società, ma il cittadino non può essere aggredito”.

C’era da aspettarsi una semplificazione, un rapporto più leale e collaborativo e soprattutto regole più semplici. Nulla di tutto questo, anzi tutto il contrario. A distanza di 21 anni la luna si è ingrandita di 21 volte. Siamo all’assurdo non solo per i moduli, ma anche per le regole: difficile pagare le imposte (F24 web) e per compensare debiti con crediti fiscali si deve obbligatoriamente ricorrere al visto di un professionista con costi e ritardi insopportabili.

Come fa un imprenditore a pagare i suoi debiti se non riesce a pagare le imposte compensando quelle a debito con quelle a credito? Facile dire: “Si faccia rilasciare il visto”. Ma questo quanto costa al singolo e alla collettività? Quali i veri vantaggi per l’Erario, se non le rinunce “volontarie” a compensare? Si facciano più verifiche a chi compensa e se si dovesse accertare il dolo si punisca il reo, ma non si può ordinare il coprifuoco perché di notte ci sono ladri per strada.

Anche il limite quantitativo alla compensazione è un abuso che si perpetua da troppo tempo. È ora di finirla di creare finanza pubblica alternativa con espedienti a tutto danno del contribuente; si tratta di espedienti che hanno danneggiato troppo la nostra economia come quello, ancora in atto, anche se oggi in minor misura, di non pagare le forniture della P.A. nei termini stabiliti dai contratti e ora persino dalle norme.

Tutto questo alimenta la concussione (tanta, quando si ha diritto di incassare e nulla si riceve) e non frena l’evasione. Il vero evasore non sa che farsene del visto di conformità, le imposte non le paga e si dilegua prima che intervenga qualsiasi controllo e, di certo, non è frenato dalla impossibilità di compensare. L’evasione si colpisce con controlli bancari approfonditi e con l’obbligo di usare mezzi di pagamento tracciabili.

A cosa serve fare norme per rilanciare investimenti, produzione e consumi se si frena la circolazione della moneta sottraendola, di fatto, al mercato per destinarla al Fisco o in genere alla P.A., oltre che con esose imposte anche con mancati pagamenti e divieti di compensazione o limiti ad essa, assurdi perché non contingenti ma protratti nel tempo?

Molte cose si potrebbero fare per alleviare lo stato in cui si è ridotta l’economia, ad esempio ma non solo:
- agevolare i pagamenti favorendo la velocità di circolazione, abolendo il bollo sui titoli cambiari, e consentire, seppure con regole stringenti (girata piena e con codice fiscale), la loro libera circolazione. Non sarebbe una perdita per lo Stato, considerato che, proprio perché la tassa è spropositata, nessuno usa più le cambiali, che decenni addietro sono state un ottimo mezzo di pagamento e smobilizzo dei crediti, specialmente quelli commerciali. Oggi l’economia è in sofferenza perché nessuno paga, ma se si potesse farlo a costi accessibili moltissimi emetterebbero un “pagherò” e altrettanti lo accetterebbero ben volentieri;

- istituire un comitato per la semplificazione composto da professionisti non pagati dallo Stato e nominati da ordini o associazioni di categoria, che periodicamente riferisca a Governo e Parlamento e pubblichi i lavori presentati;

- stabilire che per ogni vecchio e nuovo adempimento fiscale l’Agenzia delle Entrate ne debba dimostrare ogni anno l’utilità effettiva, confrontando il costo diretto e indiretto dell’incombente con il maggior gettito effettivamente realizzato e che detto rapporto debba essere almeno eguale a 1.000, per meno non si disturbano i cittadini.

Il comitato di cui sopra potrebbe controllare che ciò avvenga. Ovviamente, la norma regolamentare che non rispetti i parametri sopra detti sarebbe implicitamente abrogata a partire dalla pubblicazione del rapporto suddetto.
Questi i provvedimenti che per primi mi vengono in mente per alleviare il cappio al collo delle imprese e far tornare alle imprese la speranza nel futuro. Altri ne potranno individuare molti e diversi, ma occorre far presto.


Salvatore D’Amora
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

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