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OPINIONI

Per la diffusione del regime delle micro imprese è solo questione di tempo

Con alcuni interventi normativi e l’assestamento della prassi l’adesione è destinata a crescere

/ Raffaele MARCELLO

Giovedì, 22 giugno 2017

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Pubblichiamo l’intervento di Raffaele Marcello, Consigliere del CNDCEC con delega alla Revisione Legale e al Sistema di amministrazione e controllo.
Alcuni recenti dati empirici (si veda “Bilancio delle micro imprese con scarso appeal” del 21 giugno 2017), che evidenziano l’attuale limitata diffusione del regime semplificatorio delle micro imprese e alcune connesse interessanti osservazioni, mi spingono ad effettuare qualche ulteriore riflessione in merito.

Le previsioni dell’art. 2435-ter, c.c. includono innegabili semplificazioni per la redazione del bilancio delle micro imprese, coerentemente con l’intendimento della riforma di ridurre gli oneri amministrativi delle piccole e delle micro società su cui è in parte articolata la revisione della direttiva contabile (direttiva 2013/34/UE).
Il regime delle micro imprese, già introdotto a livello di Unione europea dalla direttiva 2012/6/UE e già recepito da alcuni Stati membri, consente alle società che non soddisfano almeno due dei tre parametri previsti di fruire di semplificazioni aggiuntive rispetto a quelle permesse alle piccole società (art. 2435-bis, c.c.).

La principale semplificazione per le micro imprese consiste nell’esenzione dalla predisposizione della Nota integrativa, nel caso in cui siano fornite le informazioni di cui all’art. 2427, comma 1, n. 9 (tra cui impegni, garanzie e passività potenziali “fuori bilancio”) e n. 16 (importo dei compensi, delle anticipazioni e dei crediti concessi ad amministratori e sindaci).

La perdita d’informativa è evidente, considerato che la Nota integrativa è, di fatto, mancante. Spetta, quindi, al professionista, in ragione anche del range degli stakeholders interessati, considerare se vi è l’esigenza di dover predisporre o meno la Nota integrativa. A questo fine, si ricorda, tuttavia, che i limiti previsti dal codice civile per rientrare nella categoria delle micro imprese sono la metà di quelli indicati dalla direttiva di riferimento. Si parla, in sostanza, di realtà in effetti assai ridotte che spesso hanno rapporti personali diretti con i soggetti interessati.

È vero che il recepimento delle norme sembra oggi essere imperfetto. Il CNDCEC ha cercato di fornire indicazioni operative e continuerà a farlo in futuro.

La norma non prevede una indicazione temporale per la verifica del rispetto dei parametri. A tale proposito, cercando di supportare l’attività degli operatori, CNDCEC e Confindustria con un documento del marzo 2017 hanno fornito la propria interpretazione indicando che, per venire incontro alla ratio di riduzione degli oneri amministrativi, in sede di prima adozione, basterebbe il rispetto delle condizioni per gli esercizi 2015 e 2016. Tale criticità, in ogni caso, è evidentemente superabile con il passare del tempo.

L’adozione delle norme semplificatorie da parte delle “micro-cooperative” si scontra, poi, con l’interpretazione del Ministero dello Sviluppo Economico del 20 marzo 2017. Anche a tale riguardo, il CNDCEC ha fornito il proprio parere affermando in un documento del maggio 2017 che “i bilanci delle micro-cooperative privi di nota integrativa, ai sensi dell’art. 2435-ter, c.c., potrebbero essere ritenuti predisposti in linea con il dettato normativo quando presenti le già citate informazioni di cui agli artt. 2513, 2528, 2545, 2545-sexies, co. 2, c.c., e con riferimento ai ristorni (si veda per quest’ultimo aspetto il successivo par. 4), art. 2427, co. 1, n. 13, c.c., riportate in calce ai prospetti di bilancio”. Tale affermazione resta un auspicio, considerato che il Ministero verifica le relazioni dei revisori delle cooperative e, per questo, non resta che sperare in una riconsiderazione della propria impostazione.

È innegabile, poi, che esistano delle problematiche che ancora devono essere definite o “assestate”. Si può evidenziare come l’art. 2435-ter c.c. stesso potesse essere scritto in modo meno “drastico”. Sembra, per esempio, che il divieto di fare uso delle nuove disposizioni sulla contabilizzazione dei derivati per chi adotta le previsioni semplificatorie delle micro imprese abbia spinto buona parte delle holding finanziarie che rientrano nei parametri a non fruire delle semplificazioni del regime.

In conclusione, se è vero che – alla luce dei tutte le problematiche evidenziate – la metà delle società aventi la possibilità ha optato già in sede di prima adozione (senza avere comportamenti consolidati alle spalle) per predisporre il proprio bilancio seguendo le disposizioni di cui all’art. 2435-ter, c.c., la convenienza a fare uso di tali semplificazioni è stata già recepita, a mio modo di vedere, in modo importante da operatori e professionisti. Non ci sarebbe da stupirsi, quindi, se – con il passare del tempo e la risoluzione di talune evidenti posizioni che ne limitano l’applicazione – l’utilizzo divenisse esteso in maniera anche assai più rilevante.

Considerate, quindi, le decisioni assunte dal legislatore, non resta che constatare che l’introduzione della categoria delle micro imprese può apportare importanti semplificazioni da considerare e valutare, sempre salvaguardando, nei casi opportuni, un’informativa adeguata per i portatori di interesse di riferimento.

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