Perdita di chance per il mancato lancio dell’OPA
La Cassazione n. 19741/2018 ha ribadito che il danneggiato da mancato lancio dell’OPA subisce un danno che non può farsi coincidere in modo necessario e automatico con il risultato economico della vendita azionaria che si sarebbe verificata se l’offerta vi fosse stata e fosse stata accettata, giacché, nel frangente considerato, il pregiudizio patito dall’azionista consiste in una perdita di chance, ossia nella perdita della possibilità di disinvestimento che l’offerta pubblica avrebbe dovuto assicurare e che, proprio in quanto l’offerta non v’è stata, non è mai invece venuta ad esistenza.
Tale danno, collocandosi dal versante del mancato conseguimento di un vantaggio, quale quello che l’azionista avrebbe potuto conseguire se l’OPA fosse stata lanciata ed egli vi avesse aderito, si configura dunque come lucro cessante ipotetico. Danno che l’azionista ha l’onere di allegare e provare, dimostrando il valore economico dell’“opzione d’acquisto”, in relazione ai diversi fattori che possono avere influenzato l’andamento della quotazione di borsa delle azioni di cui si discute nel periodo considerato, tenendo conto dei criteri di determinazione del prezzo dell’offerta pubblica obbligatoria che avrebbe dovuto essere promossa.
La valutazione non va rapportata esclusivamente al momento in cui si consuma la violazione dell’obbligo di lancio dell’OPA, essendo almeno astrattamente possibile ipotizzare un’incidenza di quegli eventi successivi sul valore di borsa dei titoli rimasti nel portafoglio di detti azionisti in termini di “compensatio lucri cum damno” ove ve ne siano le condizioni.
Ne discende che il danno da perdita di chance di disinvestimento patito dall’azionista, perciò commisurato alle probabilità che l’azionista avrebbe aderito all’OPA che non ha invece avuto luogo, va determinato raffrontando il prezzo di rimborso delle azioni in caso di OPA con il loro valore effettivo, ritratto dalle risultanze di borsa, secondo il successivo andamento del titolo, nell’arco temporale intercorrente tra il giorno in cui si è consumata la violazione dell’obbligo di OPA e quello del disinvestimento (se vi è stato, ovvero, in caso contrario, della proposizione della domanda risarcitoria), nella misura in cui, in applicazione dei principi generali, il pregiudizio patito dall’azionista si collochi sul piano delle conseguenze immediate e dirette alla violazione dell’obbligo di OPA. Il tutto sempre nei limiti della prevedibilità, salvo non si versi in caso di dolo, e se del caso con liquidazione equitativa, escluso in tutto o in parte, in presenza dei relativi presupposti, il risarcimento in ipotesi di concorso del fatto colposo del creditore.
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