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LETTERE

Il nuovo Codice della crisi d’impresa richiede competenze adeguate

Martedì, 13 novembre 2018

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Gentile Redazione,
seguendo uno dei convegni di questo periodo, incidentalmente sulla crisi di impresa, mi sono interrogato sul valore generale dell’adeguatezza delle competenze.

La nostra professione nel passato veniva convenzionalmente e banalmente bipartita in fascia bassa (servizi) e alta (consulenze). Dicotomia che veniva seguita anche nell’apprezzamento del valore aggiunto potenziale. Oggi queste presunte differenze sono venute meno perché è totalmente cambiato lo scenario. È cambiato il mercato.
Tutto è certamente diventato più complicato, maggiormente labour intensive, e spesso a minor valore aggiunto complessivo. È parimenti cambiata la clientela che per progresso scolastico ha ridotto, talora fortemente, l’asimmetria informativa con il professionista. Al resto ha pensato internet.

Proprio per questo il tema dell’adeguatezza delle competenze diviene dirimente. La maggiore complicazione spinge in alto il livello di competenza necessario.
In tutte le molte aree che compongono il nostro lavoro.
Tralasciando l’apparentemente banale questione della fattura elettronica che disturba in queste settimane i sonni di tutti i titolari di partita IVA, noi compresi, e che necessiterà nuove competenze al momento un po’ lontane dalla nostra formazione penso ad altro.

Il nuovo Codice della crisi di impresa, che dovrebbe entrare in vigore tra 18 mesi o giù di lì, introduce a spallate importanti elementi di controllo di gestione dei quali la maggior parte delle imprese intuisce ma non conosce l’esistenza. Per la maggior parte delle PMI il successo si basa sul l’intuizione e sul genius loci e non sulla programmazione e il controllo.
Quindi l’introduzione di una stringente attenzione verso il forward looking con un controllo esterno obbligatorio, anche in realtà di modeste dimensioni, potrà avere due esiti. Il peggiore evidentemente è quello dell’implosione del sistema con la progressiva eliminazione di parte delle PMI, l’altro – migliore – la crescita in queste di una cultura aziendale più al passo con i tempi che si interroghi più sul futuro beandosi meno del passato.

In mezzo ci stiamo noi che potremo fare la differenza se saremo, per l’appunto, adeguatamente preparati.
Sulla nostra preparazione potrei anche fare una scommessa che abbia la possibilità di vincere. Un’altra tuttavia avrei timore di perderla: chi pagherà tutto questo?


Luciano Berzè
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova


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