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LETTERE

All’impianto della fattura elettronica manca un’adeguata regolamentazione

Giovedì, 24 gennaio 2019

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Gentile Direttore,
invio brevi considerazioni sull’impianto della fattura elettronica.
Chi ha ideato la fatturazione elettronica ha dimostrato di non conoscere la materia e di conseguenza ha fatto un pessimo lavoro.

Bastano solo alcuni esempi di dimenticanze macroscopiche:
- sui campi per indicare gli estremi della dichiarazione d’intento e i dati Enasarco nel formato della fattura, sono arrivati i chiarimenti, ma una rivoluzione così importante non può essere attuata con soluzioni tampone (uso di campi liberi) e attraverso le FAQ; secondo me il provvedimento del 30 aprile doveva già prevedere tutti i casi di descrizioni obbligatorie in fattura. Magari attivando una pubblica consultazione. Quanti sono i costi indiretti che il sistema produttivo sostiene per la ricerca delle regole mancanti?;

- per le autofatture, stesso discorso: dovevano prevedere le procedure esatte per gestire l’autofattura e il reverse charge; com’è possibile operare con le istruzioni che giungono col contagocce, sotto forma di risposte a quesiti? Significa che le regole si stanno creando man mano che sorgono gli interrogativi, mentre avrebbero dovuto essere note a tutti da tempo;

- la fattura che contiene lettere accentate o caratteri particolari viene scartata;

- nelle fatture con l’estero ci sono problemi perfino nella indicazione del CAP.

Ogni giorno assistiamo a chiarimenti che sembrano più rattoppi alle mancanze del progetto (da ultimo le 20 pagine di chiarimenti nella videoconferenza del 15 gennaio).

Un sistema così complesso non può partire senza un’adeguata regolamentazione.
Abbiamo poi la scheda carburanti ora sostituita con la fattura, ma si poteva pensare a qualcosa di più semplice, immagino ad esempio a dati da caricare su una chiavetta USB a ogni rifornimento e da inviare a fine mese.

L’omissione imperdonabile è però quella di non aver adeguato la normativa IVA al nuovo strumento.
Il problema deriva dal fatto che l’art. 21 del DPR 633/72, come da ultimo modificato, prevede ancora (ultimo paragrafo del comma 1) che: “La fattura, cartacea o elettronica, si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente”.
Questo significa che la data della fattura deve coincidere (stesso giorno) con la data di invio al SdI, questo complica notevolmente l’attività di predisposizione e invio.

Non capisco che ci vuole a modificare l’art. 21 per dire che la fattura non si considera più emessa al momento dell’invio, ma che ci sono 15 giorni per farlo. La modifica suggerita consentirebbe di spedire la fattura entro 15 giorni dalla sua data di “compilazione” in modo da poter prima predisporre tutte le fatture e poi spedirle in una data diversa da quella stampata sulla fattura stessa. Nessun costo per il Fisco e tranquillità per il contribuente.
Anche nelle risposte dell’Agenzia delle Entrate al CNDCEC, alla fine, in pratica viene detto: “se mi invii la fattura con due giorni di ritardo non ti sanziono”; non capisco perché devo avere il perdono per un caso del genere. La norma va cambiata.


Roberto Castegnaro
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Vicenza

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