Non revocabile il voto espresso nel concordato preventivo
Con la sentenza n. 20892, depositata ieri, la Corte di Cassazione ha stabilito che, nell’ambito del concordato preventivo, il creditore concorrente, il cui diritto può essere oggetto di contestazione ed è suscettibile di accertamento da parte degli organi fallimentari, pur mantenendo la disponibilità del proprio credito, non ha la possibilità di mutare a proprio piacimento il voto – che deve essere distinto dal relativo diritto sostanziale di credito, rappresentandone una modalità di esercizio – atteso che il suffragio, una volta espresso, non può essere oggetto né di rivisitazione, né di ripensamento, se non nei limiti previsti dall’ordinamento.
A tal proposito, l’art. 178 comma 4 del RD 267/42, nel testo applicabile ratione temporis, consente ai creditori che non abbiano esercitato il voto in sede di adunanza di far pervenire un suffragio postumo nel termine di venti giorni successivi alla chiusura del verbale, al fine di non essere annoverati tra i consenzienti, implicitamente escludendo la possibilità di modifica del voto manifestato in maniera espressa al momento dell’adunanza.
L’art. 179 comma 2 del RD 267/42, invece, consente tale ius variandi solo in caso di mutamento delle condizioni di fattibilità del piano.
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