Variazione di classificazione INPS dei datori di lavoro retroattiva solo con inesatta dichiarazione
L’INPS, con la circolare n. 113 pubblicata nella serata di ieri, rende noto che, in seguito al mutato orientamento giurisprudenziale nell’interpretazione dell’art. 3, comma 8 della L. 335/1995, la variazione di classificazione dei datori di lavoro, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente all’effettiva attività svolta, potrà avvenire con effetto retroattivo soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore rese al momento dell’iniziale inquadramento ai sensi della predetta norma.
Pertanto, in seguito alle pronunce della Cassazione del 24 maggio 2019 n. 14257 e n. 5541/2021, ai fini della variazione di classificazione dei datori di lavoro, i provvedimenti dell’Istituto successivi alla data del 24 maggio 2019 dovranno basarsi sul presupposto che l’omessa comunicazione del datore di lavoro circa i mutamenti dell’attività svolta non potrà essere più equiparata all’inesatta dichiarazione (per cui non potrà più rilevare ai fini dell’adozione di un provvedimento di variazione di classificazione con efficacia retroattiva).
Tra i principi su cui si basa il nuovo orientamento giurisprudenziale, vi è quello secondo cui “la condotta omissiva intervenuta nel corso dell’attività del datore di lavoro trova una specifica sanzione nell’art. 2, comma 1 del DL 352/1978 convertito, che prevede l’obbligo dell’impresa di comunicare agli enti previdenziali le variazioni relative all’attività imprenditoriale svolta, il cui inadempimento non comporta alcuna conseguenza sotto il profilo della decorrenza della variazione di inquadramento”. Ne discende che la retroattività degli effetti della variazione di classificazione verrà a esistenza soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese esclusivamente in fase di iniziale inquadramento.
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