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Test CFC nell’anno della fusione anche se retrodatata

/ REDAZIONE

Venerdì, 5 agosto 2022

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A pochi giorni dalla circ. 28 luglio 2022 n. 29, l’Agenzia delle Entrate nella giornata di ieri, 4 agosto 2022, con la risposta a interpello n. 408, è tornata sull’interazione tra la disciplina per determinare i valori in ingresso secondo l’art. 166-bis del TUIR (c.d. “entry tax”) e il regime CFC.

L’operazione rappresentata è una fusione per incorporazione di una holding residente in uno Stato Ue da parte della controllante residente.
Tuttavia, la società estera nei periodi di imposta precedenti al rimpatrio non ha mai assunto la qualifica di CFC e, di conseguenza, i suoi redditi non sono mai stati tassati per trasparenza in capo alla controllante italiana.

Come chiarito dalla circ. n. 29/2022, la mancata integrazione dei requisiti per la tassazione per trasparenza in virtù del regime CFC comporta la determinazione dei valori di ingresso secondo il valore di mercato (art. 166-bis comma 3 del TUIR), potendo ricorrere altresì al ruling preventivo ex art. 31-ter del DPR 600/73.

Altre indicazioni riguardano gli aspetti temporali della questione. Infatti, la fusione prospettata nella seconda metà del periodo d’imposta 2021, ancorché retrodatata al 1° gennaio dello stesso anno, secondo la soluzione dell’Agenzia delle Entrate impone la verifica dei requisiti per la tassazione per trasparenza secondo il regime CFC, nel periodo d’imposta medesimo e non in quello precedente, come prospettato dal contribuente.
Sul punto, l’Agenzia si pone in linea con quanto confermato nella circ. n. 29/2022, già richiamando la precedente circ. n. 18/2021 (§ 2.2), secondo cui, se il trasferimento di sede avviene dopo che sia decorsa la maggior parte del periodo d’imposta, occorre far riferimento a tale periodo per la verifica dei requisiti CFC.

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