Ammissibile il rimborso IVA anche in presenza del rappresentante fiscale
Il diritto al rimborso dell’IVA non può essere negato ai soggetti passivi che non hanno il domicilio o la residenza in Italia ma in altro Stato membro Ue, solo per il fatto che essi abbiano nominato un rappresentante fiscale nel territorio dello Stato.
È questo, in estrema sintesi, il principio espresso dalla Cassazione nell’ordinanza n. 24207, pubblicata ieri, 9 agosto.
La pronuncia, che ricalca le conclusioni già presenti nella Cassazione 8 ottobre 2020 n. 21684, è conforme alla giurisprudenza dell’Unione europea. La Corte di Giustizia ha infatti affermato in passato (causa C-323/12) che la semplice nomina di un rappresentante fiscale non è sufficiente a ritenere che il soggetto passivo disponga “di una struttura dotata di un sufficiente grado di stabilità” e di personale incaricato della gestione delle proprie attività economiche.
L’art. 38-ter del DPR 633/72, nella versione applicabile ratione temporis (il fatto di causa si riferisce a un rimborso di IVA per l’anno 2008), ammetteva la restituzione dell’imposta – relativa a beni e servizi acquistati o importati – a favore dei soggetti domiciliati o residenti in Stati membri, che fossero privi non solo di una stabile organizzazione, ma anche di un rappresentante fiscale in Italia; la norma risultava, per i giudici europei, contraria alla direttiva 79/1072/Cee (successivamente abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/9/Ce).
La Cassazione conferma, nell’ordinanza pubblicata ieri, che la presenza del suddetto rappresentante fiscale non può far ritenere sussistente un “centro di attività stabile” e pertanto non può comportare il diniego del rimborso dell’IVA.
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