Il socio accomandante risponde dell’infedele dichiarazione contestata alla società
La Cassazione valorizza l’omesso controllo che spetta anche se non si amministra la società
Nel caso in cui il reddito di una società in accomandita semplice sia stato rettificato con accertamento è legittimo irrogare al socio accomandante la sanzione per infedele dichiarazione ai sensi dell’art. 5 del DLgs. 471/97 determinata in proporzione alla quota di partecipazione dallo stesso detenuta.
È il principio ribadito con la sentenza della Cassazione 22 febbraio 2024 n. 4712, che si è pronunciata in relazione a un caso nel quale, a seguito dell’omessa impugnazione dell’atto di accertamento notificato alla società, l’Agenzia delle Entrate aveva accertato il maggior reddito imputandolo per trasparenza ai sensi dell’art. 5 del TUIR pro quota ai soci e il medesimo criterio veniva applicato per l’irrogazione delle sanzioni anche nei confronti dei soci accomandanti.
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