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Sabato, 2 agosto 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Fusione per incorporazione senza interruzione del processo

/ Alfio CISSELLO

Sabato, 2 agosto 2025

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Per effetto dell’art. 2504-bis c.c., “La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.
La giurisprudenza, superando un orientamento più risalente, ha interpretato la norma indicata nel senso che la fusione per incorporazione determina l’estinzione della società incorporata, non essendo una vicenda meramente evolutiva.
Dal punto di vista processuale, in modo forse un po’ incoerente la giurisprudenza ha nel contempo sancito che se la fusione interviene nel corso del grado di giudizio non si verifica nessun fenomeno interruttivo (Cass. SS.UU. 30 luglio 2021 n. 21970).

Per le Sezioni Unite, l’interruzione non va dichiarata “non perché la società incorporata, fusa o scissa sia ancora esistente, ma semplicemente perché la incorporante, la società risultante dalla fusione o le società beneficiarie sono, di volta in volta, i soggetti divenuti titolari sia di quel rapporto sostanziale, sia del corrispondente c.d. rapporto processuale, ossia del giudizio che quello abbia ad oggetto. La ratio degli artt. 299 ss. c.p.c. conferma tale ricostruzione: posto che, se l’istituto dell’interruzione del processo mira a tutelare sia la parte colpita dall’evento interruttivo, sia la controparte, ai fini della migliore esplicazione del diritto di difesa di entrambe (art. 24 Cost.), tale esigenza non si avverte, o in ogni caso è ex lege recessiva, a fronte della superiore esigenza di continuità nei rapporti sostanziali e processuali, a fini di certezza. In tal modo, l’esclusione dell’interruzione del processo limita le conseguenze della fusione sul processo, dovendosi allora, ad onere della incorporante, provare soltanto tale sua qualità ai fini della legittimazione, ove intenda compiere atti processuali”.

Ammesso e non concesso che la tesi espressa in giurisprudenza sia condivisibile, nel processo tributario se si applicasse l’interruzione saremmo in presenza di un evento riferibile alla parte e non al difensore, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 40 del DLgs. 546/92, l’interruzione non sarebbe automatica, ma dovrebbe essere comunque dichiarata dal difensore. Solo a seguito di dichiarazione dell’evento interruttivo a opera del difensore, la Corte tributaria può dichiarare l’interruzione, con necessità di riassunzione del processo pena la sua estinzione.
Tuttavia, in ragione di quanto detto dalle Sezioni Unite, la dichiarazione dell’evento (la intervenuta fusione) a opera del difensore non dovrebbe causare alcuna dichiarazione giudiziale di interruzione, considerato che non c’è, secondo le Sezioni Unite, evento interruttivo.

Le cose cambiano se la fusione per incorporazione interviene tra un grado e l’altro del processo.
La giurisprudenza ha diverse volte sancito che, essendoci il venir meno per estinzione della società incorporata, l’impugnazione della sentenza va effettuata nei confronti della “giusta parte” quindi dell’incorporante, pena la possibile inammissibilità dell’impugnazione (Cass. 9 maggio 2003 n. 7122, Cass. 5 maggio 2022 n. 14228). Può allora essere inammissibile l’appello notificato dall’Agenzia delle Entrate alla società incorporata e non nei confronti dell’incorporante.

Appello salvo se si opta per la c.d. ultrattività del mandato

In ottica analoga, la notifica della sentenza a opera dell’incorporata oppure nei confronti dell’incorporata potrebbe non far decorrere il termine breve di impugnazione (in ottica prudenziale, sarebbe però opportuno evitare di confidare nel termine lungo, notificando l’impugnazione nei sessanta giorni e non nei sei mesi).

Tuttavia, l’inammissibilità dell’impugnazione può essere scongiurata richiamando un altro orientamento, che, facendo leva sulla c.d. ultrattività del mandato conferito al difensore dall’incorporata, ritiene che quest’ultima possa essere notificataria dell’impugnazione (Cass. 21 marzo 2024 n. 7700).

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