La risposta repressiva per le condotte di frode al Fisco è solo nella legislazione speciale tributaria
La Cassazione, con la sentenza n. 28326 depositata ieri, ribadisce il principio per cui qualsiasi condotta di frode al Fisco trova la sua risposta repressiva esclusivamente nella legislazione speciale tributaria, senza possibilità di “recupero” di fatti, peraltro nemmeno costituenti reato per omesso superamento delle soglie di punibilità, nell’alveo delle generali ipotesi di truffa aggravata in danno dello Stato (si veda nello stesso senso anche la sentenza n. 27820/2025).
Tale principio era già stato affermato dalle Sezioni Unite n. 1235/2011 con riferimento ai rapporti tra i reati di emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti e la fattispecie di truffa aggravata. E qui viene ritenuto applicabile anche in caso di dichiarazione infedele ex art. 4 del DLgs. 74/2000 – fatto meno grave rispetto alle indicate ipotesi di frode fiscale – poiché, anche in tal caso, l’ottenimento di rimborsi non dovuti a seguito della falsa rappresentazione di spese o altri oneri inesistenti comporta esclusivamente un vantaggio fiscale per il contribuente, senza invece che sussistano ulteriori profitti diversi rispetto a tale operazione effettuata in danno dell’Agenzia delle Entrate.
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