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La Corte Ue «boccia» la normativa sull’IRAP delle banche

Illegittima per contrasto con la direttiva «madre-figlia» l’imposizione del 50% dei dividendi delle partecipate estere

/ Gianluca ODETTO

Sabato, 2 agosto 2025

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È giunta a sentenza ieri presso la Corte di Giustizia dell’Unione europea la controversia relativa alle cause riunite da C-92/24 a C-94/24 (Banca Mediolanum S.p.A.), riferita al regime IRAP dei dividendi esteri percepiti dalle banche.

La Corte di Giustizia ha stabilito che l’art. 4 della direttiva 2011/96/Ue (“madre-figlia”) osta a una normativa nazionale che, come fa l’art. 6 comma 1 lett. a) del DLgs. 446/97 per l’Italia, assoggetta i dividendi percepiti dagli intermediari finanziari dalle proprie figlie residenti in altri Stati membri dell’Unione a un prelievo superiore al 5%; il principio vale anche se tale imposizione viene realizzata mediante un’imposta diversa dall’imposta sulle società, ma che – come l’IRAP – include nella sua base imponibile tali dividendi o una loro frazione.

La vicenda, come si ricorderà, è nata dal silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate alla domanda di rimborso avanzata dalla banca per l’IRAP versata in relazione ai dividendi percepiti da società figlie residenti nell’Unione europea (imposta determinata a norma dell’art. 6 comma 1 lett. a) del DLgs. 446/97 assumendo quale base imponibile il 50% dei dividendi inclusi nel margine di intermediazione).
La domanda di rimborso si fondava sulla constatazione per cui l’art. 4 della direttiva 2011/96/Ue (“madre-figlia”), nello stabilire il divieto per lo Stato della società madre di riscuotere imposte sui dividendi, con l’eccezione del 5% forfetario, si estenderebbe a qualsivoglia forma di imposizione, anche operata indirettamente, tra le quali figurerebbe quella a titolo di IRAP prevista per le banche e gli altri intermediari finanziari.
La C.G.T. II Lombardia, investita del giudizio, ha poi rimesso la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

La sentenza di ieri si discosta in alcune parti dalle Conclusioni dell’Avvocata generale del 27 marzo 2025. Queste ultime, nel demandare al giudice nazionale la qualificazione dell’IRAP tra le imposte a cui si applica o meno la direttiva, avevano comunque evidenziato in alcuni punti le divergenze rispetto all’IRES in termini di base imponibile, di differenziazione del prelievo a seconda dei soggetti coinvolti e di aliquota, senza però per questo chiudere a interpretazioni comunque favorevoli alla linea proposta dalla banca istante.

Quest’ultima si è invece affermata in modo netto con la sentenza, in virtù di tre ordini di motivi.
In primo luogo (§ 32-35 della sentenza), il principio per cui gli Stati che per le madri hanno optato per il sistema dell’esenzione (l’Italia, allo stato attuale, è tale) devono astenersi dal prelevare imposte avrebbe valenza generale, e non dovrebbe quindi essere limitato a un particolare tributo (si richiama, in tal senso, la sentenza riferita alla causa C-365/16); in particolare, tale principio dovrebbe estendersi a qualsiasi imposta che includa nella sua base imponibile i dividendi delle figlie residenti in altri Stati membri.

In secondo luogo (§ 36-38 della sentenza), è stata confutata l’argomentazione dell’Italia secondo cui l’esenzione garantita dalla direttiva 2011/96/Ue sarebbe limitata alle imposte espressamente menzionate nell’Allegato I, Parte B, alla direttiva stessa; diversamente, secondo la Corte il fatto che l’IRAP non vi sia compresa non può portare alla conclusione per cui essa sia esclusa “dall’ambito di applicazione sostanziale di detta direttiva”; ciò si baserebbe sul principio generale, riaffermato dalla sentenza stessa, per cui nell’interpretazione del diritto dell’Unione non si deve solamente tenere conto del tenore letterale delle norme, ma anche del loro contesto e degli obiettivi che esse si prefiggono.

Divieto di doppia imposizione immanente nel sistema

Il terzo ordine di motivi (§ 39-43 della sentenza) riprende argomentazioni già tracciate dalle Conclusioni. Si precisa infatti che, sul piano teleologico, la direttiva 2011/96/Ue ha quale finalità quella di eliminare la doppia imposizione che si genera (anche) al livello della società madre. Da ciò nasce l’esigenza di evitare che gli utili distribuiti, già assoggettati a imposizione in capo alla figlia, siano soggetti a ulteriori imposte, quale che sia la loro origine o denominazione, le quali includono nella rispettiva base imponibile anche solo una parte di detti utili.

A queste considerazioni, come detto, è conseguita la “bocciatura” dell’art. 6 comma 1 lettera a) del DLgs. 446/97, nella misura in cui esso include nella base imponibile IRAP delle banche e degli altri intermediari finanziari il margine di intermediazione ridotto del 50% dei dividendi.

La sentenza è destinata ad avere un riflesso significativo sul contenzioso pendente e porterà presumibilmente a più domande di rimborso da parte di una platea potenzialmente ampia di soggetti interessati.

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