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IMPRESA

Omologazione del concordato in continuità anche con dissenso del creditore fiscale

Deroga all’unanimità del voto positivo delle classi dei creditori

/ Antonio NICOTRA e Marco PEZZETTA

Lunedì, 13 ottobre 2025

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Il concordato preventivo in continuità è approvato quando sussiste il voto favorevole di tutte le classi dei creditori, raggiungendosi in ciascuna classe, ai fini dell’unanimità ex art. 109 comma 5 del DLgs. 14/2019 (CCII), la maggioranza dei crediti inseriti nelle stesse. In presenza di una o più classi dissenzienti è possibile però l’omologazione forzosa, il c.d. cross cram down: il tribunale può omologare il concordato se, tra le altre condizioni, la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori con prelazione, ovvero, “in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi”, da almeno una classe di creditori nei cui confronti è offerto un importo non integrale del credito e che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte applicando l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione, applicando, cioè, la absolute priority rule (APR).

Il cross cram down, di cui art. 112 comma 2 lett. d) del CCII, va interpretato alla luce dell’art. 11 della Direttiva 2019/1023 (c.d. Insolvency). In tal senso, nel caso in cui la proposta non sia stata approvata dalla maggioranza delle classi, è sufficiente che essa abbia ricevuto il voto favorevole di una sola classe, a cui sia stata offerta una soddisfazione parziale e che sia titolare della c.d. “golden share” e, quindi, soddisfi le condizioni ex art. 112 comma 2 lett. d) n. 2).
Così si è espresso il Tribunale di Brindisi 23 giugno 2025.

L’art. 11 comma 1 della Direttiva Ue 2019/1023 stabilisce che, ai fini del cross class cram down, il piano deve essere approvato da almeno una classe di voto di “parti interessate”, ovvero, se previsto dal diritto nazionale, delle parti soggette a pregiudizio, i c.d. creditori “maltrattati”, o “svantaggiati”.
La disposizione prevede, quindi, che la c.d. “golden share” possa essere attribuita o alle classi di voto di “parti interessate” oppure, se previsto dal diritto nazionale, alle classi di creditori c.d. “svantaggiati”, “che subiscono un pregiudizio”.

I creditori “interessati” sono coloro che sarebbero, almeno parzialmente, soddisfatti, ove fosse osservato l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione; essi possono coincidere con quelli “svantaggiati” se la proposta prevede un grado di soddisfacimento inferiore rispetto a quello conseguibile con la APR. Questa coincidenza soggettiva manca però quando la proposta, per effetto di un sacrificio imposto alle classi superiori, assicura un grado di soddisfacimento pari o superiore a quello ottenibile in virtù della APR medesima.

Tale disposizione risulta applicabile in via immediata (in quanto chiara, precisa e incondizionata), salvo che lo Stato non eserciti la predetta facoltà e la lettura effettuata dal Tribunale di Brindisi va nel senso di ritenere che l’art. 112 comma 2 lett. d) del CCII non faccia espresso riferimento ai creditori “che subiscono un pregiudizio”, dovendosi ritenere, quindi, che l’Italia non abbia colto della possibilità di declinare l’applicazione della disposizione eurounitaria.
Ne deriva che, secondo il Tribunale in commento, la c.d. “golden share” spetti a qualsiasi classe di creditori interessati, come sopra definiti, e che una interpretazione diversa limiterebbe l’applicabilità della norma, in contrasto con la ratio circa la protezione del valore “impresa”, quale bene di rilievo anche sovranazionale. La distinzione tra “creditori interessati” e “creditori pregiudicati”, pertanto, non ha valenza solo astratta, ma svolge un effetto concreto sulla omogabilità dei concordati preventivi in continuità.

Non mancano, d’altra parte, interpretazioni differenti, ad esempio la Corte di Appello di Roma 24 aprile 2024, secondo cui deve sussistere il consenso di (almeno) una classe di creditori “maltrattati”, in quanto titolari di un potenziale soddisfacimento migliore in relazione al proprio rango creditorio.
Secondo tale approccio, la comparazione da svolgere, al fine di individuare la classe titolare del c.d. “golden share”, è, da un lato, tra quanto i creditori riceverebbero, compresi i flussi derivanti dalla continuità eccedenti il valore di liquidazione, nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione e, dall’altro, la soddisfazione che conseguirebbero dall’approvazione della proposta elaborata secondo la relative priority rule (RPR).

Il decreto del Tribunale di Brindisi in commento prende posizione anche quanto ai rapporti con l’art. 88 comma 4 del CCII, nel senso che l’omologazione presuppone, oltre al soddisfacimento offerto ai creditori pubblici non deteriore rispetto alla liquidazione, che l’adesione di tali creditori sia “determinante” ai fini del raggiungimento della maggioranza delle classi ex art. 112 comma 2 lett. d). Il principio è quello per cui, in presenza di un’oggettiva convenienza della proposta, sarebbe ragionevole che i creditori pubblici l’approvino perché maggiormente idonea alla soddisfazione delle proprie ragioni, diversamente il Tribunale, in sostituzione dell’ente nella valutazione degli interessi pubblici, può surrogarne l’assenso con il cram down (cfr. Relazione illustrativa al DLgs. 14/2019).

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