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FISCO

Cortocircuito del trattamento dei dividendi tra disciplina CFC e Pillar 2

I meccanismi di calcolo delle due normative possono portare a risultati opposti: è emblematico il trattamento dei dividendi per determinare l’ETR

/ Simone CINQUEPALMI

Sabato, 15 novembre 2025

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I gruppi multinazionali che possiedono controllate estere si confrontano annualmente con la disciplina delle controlled foreign companies (ai sensi dell’art. 167 del TUIR) e, qualora superino la soglia dimensionale dei 750 milioni di ricavi consolidati, sono anche soggetti dal 2024 alla disciplina della global minimum tax introdotta dal DLgs. 209/2023 in recepimento della Direttiva n. 2022/2523/Ue.

Le due normative, pur se di matrice istitutiva diversa, presentano alcuni punti di contatto. Se infatti la disciplina CFC è finalizzata al contrasto alla delocalizzazione all’estero delle imprese con l’obiettivo di differire la tassazione dell’utile non distribuito mediante la collocazione di soggetti che perseguono più di 1/3 dei redditi tramite passive income in Paesi a basso livello di imposizione, tramite la GMT, nata nel progetto Base Erosion Profit Shifting 2.0 dell’OCSE, si è perseguita l’introduzione di una tassazione minima globale del 15% per i grandi gruppi multinazionali in ogni giurisdizione in cui operano per contrastare la competizione fiscale al ribasso sulle aliquote applicabili sui redditi delle società in particolari giurisdizioni fiscali.

In senso lato, dunque, entrambe le discipline menzionate sono finalizzate a contrastare la pianificazione fiscale aggressiva (tramite il profit shifting) e tutelare la base imponibile nazionale domestica. Tale obiettivo è ottenuto: per le CFC, anticipando la tassazione domestica dei redditi della controllata estera “per trasparenza” senza attendere il pagamento dei dividendi; per la GMT, tramite l’istituzione di una complessa disciplina finalizzata a garantire in tutte le giurisdizioni estere un minimo livello di tassazione per i redditi delle società.

In tutto questo scenario, però, sono state operate misure di coordinamento stabilendo una gerarchia integrata tra le stesse che prevede la prevalenza della GMT rispetto alla CFC, anche se permangono meccanismi che possono generare distorsioni applicative.

Si pensi, in particolare al trattamento dei dividendi che, dal punto di vista CFC, rappresentano una componente di reddito che riduce la tassazione effettiva (solitamente detassati quasi integralmente) della società oltre a essere considerati esplicitamente un passive income; invece, ai fini GMT, sono uno degli aggiustamenti depurati dal reddito che standardizzano l’utile contabile per avvicinarlo a una base imponibile comparabile.

Si ipotizzi una controllata estera operante in una giurisdizione con una aliquota nominale del 25% che riceva dividendi per 100 (interamente detassati per normativa locale), oltre a ricavi netti per la sua attività caratteristica di 25, in questo caso la società pagherà imposte estere per 5 (25x25%). In tale ipotesi, l’applicazione della CFC e della GMT determina effetti diametralmente opposti:
- ai fini GMT, gli excluded dividend sarebbero depurati dal denominatore e quindi l’ETR sarebbe pari al 25% (5/25), ben più alto della soglia minima. Pertanto, non scatterebbe l’assoggettamento ai fini Globe dei redditi della società estera non essendo verificati i presupposti;
- ai fini CFC, la società fallirebbe entrambi i test previsti dalla disciplina poiché il livello di tassazione effettiva sarebbe del 4% (5/125), inferiore alla soglia del 15% e l’ammontare dei proventi da c.d. passive income sarebbe dell’80%, ben superiore al limite di un terzo prevista dal comma 4 dell’art. 167 del TUIR. Per questo motivo, i redditi della controllata vedrebbero l’applicazione della disciplina CFC, con l’onere di dover ricalcolare il reddito imponibile con le regole domestiche e assoggettarlo a tassazione “per trasparenza” in Italia. L’unica eccezione prevista è quella garantita dall’esimente (ex comma 5 dell’art. 167 del TUIR) qualora sia dimostrato che la società svolge un’attività economica effettiva tramite l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali nel Paese in cui opera.

Da quanto sopra, si manifesta il paradosso che le due normative CFC e GMT, che hanno il comune obiettivo di evitare il profit shifiting, a causa dei requisiti applicativi e dei meccanismi di calcolo dell’ETR relativamente ai dividendi, giungano al trattamento opposto di una medesima casistica pur in mancanza di evidenti intenti di localizzare i redditi in giurisdizioni a basso livello impositivo, mancando uno strutturato coordinamento tra i meccanismi applicativi delle stesse.

Da questo punto di vista, infatti, sarebbe auspicabile che il legislatore ottenga una maggiore uniformità nel calcolo delle basi imponibili rilevanti ai fini dell’ETR ai fini CFC e GMT, escludendo in entrambi i casi i dividendi, per evitare avversi effetti punitivi e inutili aggravi di compliance per i contribuenti in assenza di valide ragioni di fondo.

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