Borse di studio Erasmus+ non rilevanti nel calcolo della deduzione per figlio a carico
La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza di ieri, 16 gennaio 2025, relativa alla causa C-277/23, ha stabilito che rappresenta una restrizione al diritto di libera circolazione e di soggiorno (art. 21 del TFUE) la normativa di uno Stato membro che, al fine di determinare l’importo della deduzione fiscale cui ha diritto un genitore per un figlio a carico, tenga conto del sostegno alla mobilità di cui il figlio ha beneficiato nell’ambito del programma Erasmus+, con la conseguente perdita, eventualmente, del diritto alla maggiorazione di tale deduzione nell’ambito del calcolo dell’imposta sul reddito.
I giudici confermano le conclusioni espresse dall’Avvocato generale (si veda “Borse di studio computate nell’ISEE con impatto sulle prestazioni sociali” dell’11 luglio 2024) in merito ad un caso riguardante il diritto, in capo ad una cittadina croata, all’aumento della deduzione per il figlio a carico, studente di un corso di studi universitario a tempo pieno in Finlandia, per la cui frequenza lo stesso percepiva un sostegno alla mobilità da parte dell’università finlandese. Le sovvenzioni erano adeguate al costo della vita e di sostentamento dello Stato ospitante, superiore rispetto allo Stato di origine.
Al riguardo, viene osservato come nei limiti in cui il programma Erasmus+ ha l’obiettivo di favorire la mobilità degli studenti a fini educativi, in particolare nell’ambito dell’insegnamento universitario, e tenuto conto del livello degli importi degli aiuti alla mobilità a fini educativi nell’ambito di tale programma e del costo reale della vita nello Stato membro ospitante, tali aiuti sono intesi a contribuire a coprire i costi supplementari che sarebbero inesistenti in assenza di tale mobilità.
Di conseguenza, la percezione di tali aiuti non porta a ridurre le spese dei genitori nell’ambito del loro obbligo di mantenimento dei figli a carico né aumenta la capacità contributiva di tali genitori sul piano fiscale.
In conclusione, per la Corte di Giustizia, il fatto che gli aiuti percepiti dal figlio comportino oneri fiscali più gravosi in capo ai genitori, senza che le risorse a loro disposizione siano state aumentate, non esprime un sistema coerente con il principio di capacità contributiva e può persino risultare idoneo a produrre effetti inversi.
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