Potenziali criticità per i conferimenti di partecipazioni a realizzo controllato
La rilevanza degli artt. 175 e 177 del TUIR è messa in crisi, almeno letteralmente, dal successivo nuovo art. 178
La peculiare scelta adottata anni addietro dal legislatore delegato per armonizzare le regole fiscali delle operazioni interne di conferimento di partecipazioni con quelle previste per le operazioni di stampo “intracomunitario” ha sempre prestato il fianco a notevoli critiche: nonostante ciò, la logica di funzionamento sottesa, in particolare, all’art. 5 comma 2 del DLgs. 358/97, prima, e all’art. 177 comma 2 del TUIR, poi, si è mantenuta nel tempo, oltre a contaminare dal 2019 le pari operazioni aventi a oggetto azioni o quote “qualificate” di minoranza.
La ratio che accompagna l’applicazione del meccanismo, ovvero la capacità del risultato fiscale per il conferente di dipendere dalle scelte contabili adottate dalla società conferitaria, secondo direttrici, quindi, distanti anni luce dal regime di neutralità pura dei conferimenti di azioni o quote in ambito Ue, è passata indenne anche dalla recente riforma fiscale: il DLgs. 13 dicembre 2024 n. 192, infatti, ha messo pesantemente mano all’art. 177 del TUIR, senza stravolgere, tuttavia, i fondamenti della disciplina.
Un colpo significativo alla tenuta della norma in commento, nelle sue diverse declinazioni (e, a ben vedere, anche dell’art. 175 del TUIR) sembra arrivare, per così dire, “dall’esterno” e, nello specifico, discendere, almeno letteralmente, dalle modifiche recate dal medesimo decreto di fine 2024 all’art. 178 del TUIR.
Nel dettaglio, intervenendo circa il perimetro dei conferimenti di partecipazione intra Ue di cui al comma 1 lett. e) della norma, assistiti in Italia, lo si ricorda ancora, da criteri di neutralità pura, il Governo ha previsto il superamento del limite per il quale conferitaria e conferita dovevano essere residenti in Stati comunitari diversi tra loro: grazie alla sintetica locuzione con la quale tale risultato è stato raggiunto (un “anche se” inserito in modo chirurgico nel testo), si potrebbe così sostenere che l’art. 178 del TUIR trovi oggi applicazione non solo se Tizio, qui ipotizzato residente in Italia, conferisce in una srl italiana partecipazioni di controllo detenute, ad esempio, in una sarl francese, ma anche ove egli decida di conferire nella prima società quote, sempre di controllo, detenute in un’altra srl italiana.
Con la riforma 2024, quindi, grazie alla novità per cui la conferita a realizzo controllato può essere anche non residente, non si sarebbe realizzata un’invasione di campo dell’art. 177 commi 2 e 2-bis del TUIR, in ambiti prima appannaggio esclusivo dei conferimenti intracomunitari (sovrapposizione che, per inciso, si ritiene debba essere risolta nel senso della prevalenza del disposto Ue): al contrario, il decreto n. 192/2024, in ragione, appunto, della locuzione sopra ricordata, avrebbe determinato uno sconfinamento del regime di neutralità pura nelle fattispecie interamente nostrane.
È pur vero che a un’attenta lettura della Relazione del DLgs. 192/2024 non sfugge la precisazione ivi riportata per la quale l’identico Paese membro non può qui essere l’Italia (pag. 57): nondimeno, rimane il dubbio se i documenti illustrativi i provvedimenti di legge, nel dare conto della loro ratio, possano arrivare a introdurre limitazioni letteralmente assenti a testi che non presentano altresì profili di ambiguità lessicale.
Ammettendo prudenzialmente una totale chiusura rispetto a quanto qui paventato, magari invocando anche un approccio ermeneutico che scomodi le stesse finalità della Direttiva, in attesa altresì del plausibile e immancabile decreto correttivo, c’è comunque da interrogarsi sul senso di questo arroccarsi da parte del legislatore. Tornando all’esempio prima proposto, si ipotizzi che Tizio detenga sia le quote della sarl che quelle della srl a un valore cadauna pari a 100, a dispetto di un loro valore normale individuale pari a 1.000: non è chiaro, infatti, almeno a chi scrive, di quali colpe si sia mai macchiato Tizio per non poter operare totalmente in patria come, invece, il TUIR gli consente di fare coinvolgendo un’altra giurisdizione Ue; meno prosaicamente, per quali ragioni la holding italiana, ricevendo le quote della sarl, possa patrimonializzarsi per 1.000 mentre, ricevendo le quote della srl, al comune fine di escludere legittimamente il pagamento di imposte in Italia in capo al conferente, solo per 100.
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