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Irrilevanti le motivazioni del dissenso del creditore alla proposta di concordato

Non è necessario provare il miglior soddisfacimento del credito con la liquidazione concorsuale

/ Antonio NICOTRA

Lunedì, 15 settembre 2025

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La Cassazione, con l’ordinanza n. 22843/2025, ha chiarito che, al di fuori della fattispecie di abuso del diritto di voto, sono insindacabili le motivazioni, anche personali, del votante, che giustificano il dissenso alla proposta concordataria pure quando la stessa appaia maggiormente vantaggiosa per la massa dei creditori.

Nel caso di specie, in seno a una procedura fallimentare, veniva approvata una proposta di concordato ex art. 124 del RD 267/42 nonostante il voto contrario di un creditore, sterilizzato in ragione di un presunto conflitto di interessi tra fallito, proponente il concordato e creditore dissenziente.
Presentata inutilmente opposizione, veniva, invece, accolto il reclamo del creditore da parte della Corte di Appello, la quale osservava, tra l’altro, che – pur avendo la giurisprudenza riconosciuto, quale causa di esclusione del voto, il conflitto di interessi tra il creditore votante e la massa dei creditori – l’interesse particolare, che giustifica il sacrificio del voto, deve avere carattere in astratto incompatibile con quello alla cui realizzazione è preordinato il concordato, restando irrilevanti gli ipotetici motivi del voto; le eventuali amicizie o inimicizie personali o familiari non potevano far scattare il divieto di voto, perché non si trattava di un contrasto di interessi “immanente” e di un conflitto ravvisabile in astratto ed ex ante.

La Cassazione ricorda, in primo luogo, che il creditore dissenziente, con il rimedio dell’opposizione all’omologa, può non solo contestare la convenienza del concordato rispetto all’alternativa della liquidazione (e in tal caso soltanto quando la proposta prevede la suddivisione in classi e la contestazione proviene da un creditore appartenente alla classe dissenziente è consentito il c.d. “cram down”, ossia il raffronto tra la proposta concordataria e la liquidazione concorsuale), ma anche denunciare qualsiasi anomalia circa le condizioni di ammissibilità della proposta concordataria o la regolarità della procedura, ovvero dedurre circostanze che conducono alla revoca del concordato.

Nella specie, sussisteva l’interesse, personale e diretto, del creditore dissenziente a dedurre con l’opposizione l’irregolarità dell’approvazione della domanda di concordato per essere stato illegittimamente escluso dal conteggio delle maggioranze il proprio voto, che appariva determinante ai fini della formazione del quorum e, quindi, per la sorte del concordato.
Viene, infatti, in rilievo in tali casi il diritto del creditore a concorrere nel processo di formazione della volontà del ceto creditorio rispetto alla proposta concordataria.

Non è condivisibile, ad avviso dei giudici, l’assunto secondo il quale, al fine di provare la titolarità dell’interesse a proporre opposizione, sarebbe necessario allegare – oltre la lesione del diritto a esprimere il proprio consenso/dissenso sulla proposta concordataria – anche l’ulteriore pregiudizio del miglior soddisfacimento del credito ritratto dalla liquidazione concorsuale rispetto all’alternativa del concordato.
Se così fosse, in primo luogo, si verrebbe a prospettare un controllo da parte del Tribunale sulla convenienza del concordato (rispetto al fallimento) che è circoscritto nei limiti di cui all’art. 129 ultimo comma del RD 267/42 e, in secondo luogo, si precluderebbe al creditore dissenziente di far valere, in mancanza di una contestazione sulla convenienza, l’illegittima privazione del proprio voto.
Nella procedura di concordato fallimentare, ispirata al principio maggioritario, il creditore, avente diritto di voto, non è tenuto a dar conto delle ragioni del dissenso legittimamente manifestato, in presenza di conflitto di interessi.

La disciplina concorsuale prevede un’ipotesi tipica di abuso del diritto di voto, consistente nel mercato dei voti di cui all’art. 233 del RD 267/42, che sanziona il comportamento del creditore che stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato.
Al di fuori di tale fattispecie – posta a presidio della regolarità della procedura concorsuale e del principio della par condicio creditorum o di altre accertate condotte esteriormente percepibili di accordi o di stipulazioni tra il creditore votante e il fallito o terzi per ottenere vantaggi indebiti riconducibili al voto – devono ritenersi insindacabili le motivazioni, legate a interessi personali e alla sfera interna del votante, della manifestazione di volontà contraria alla proposta concordataria anche quando essa appare maggiormente vantaggiosa per i creditori.

Diversamente opinando, e cioè sterilizzando i voti contrari ogniqualvolta il concordato presenti risultati economici maggiormente convenienti rispetto al fallimento (e senza che emergano manovre collusive legata alle operazioni di voti), si verrebbe a disarticolare il principio del consenso maggioritario posto alla base della formazione della volontà del ceto creditorio nella procedura concordataria fallimentare.

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