Conveniente la proposta che massimizza la soddisfazione del creditore
Il Tribunale è chiamato a verificare la correttezza delle classi
Nell’ambito del concordato minore, ai fini dell’omologa, il giudice è tenuto a verificare l’ammissibilità giuridica e la fattibilità del piano, oltre che il raggiungimento delle percentuali di cui all’art. 79 del DLgs. 14/2019 (art. 80 del DLgs. 14/2019).
In verità, il tribunale è chiamato a verificare anche la convenienza della proposta, sebbene solo in due casi specifici (art. 80 comma 3 del DLgs. 14/2019): quando un creditore o un interessato lo contesti; quando manca l’adesione del creditore pubblico e questa è determinante per il raggiungimento delle maggioranze previste.
La fattibilità e la convenienza del piano attengono a due concetti distinti la cui valutazione, spesso non agevole, è condizionata da diverse variabili.
In particolare, la fattibilità attiene alla capacità del piano di consentire l’adempimento della proposta nei tempi e nelle modalità indicate dal debitore; ciò comporta la necessità che sia verificata la sua non manifesta inattitudine a raggiungere il suo scopo (artt. 7 e 112 del DLgs. 14/2019) nonché la sua non manifesta inidoneità a soddisfare i creditori (art. 47 del DLgs. 14/2019).
Ferma la specificità del singolo caso, si tratta, dunque, di un aspetto che può essere apprezzato sotto un profilo oggettivo.
Diverso il tema della convenienza, connessa alle intenzioni e alle propensioni dei singoli creditori e, dunque, connotata da una forte soggettività.
La convenienza, infatti, dipende da almeno tre variabili principali: il grado di soddisfazione offerto ai creditori ed espresso dalla misura monetaria e/o economica della proposta, i tempi di realizzo (tenuto conto degli interessi e dei frutti connessi) e, non ultimo, il rischio di inadempimento da parte del debitore.
La decisione del creditore, pertanto, si pone tra due estremi: la preferenza di una soddisfazione minore in tempi più rapidi e, di contro, la preferenza di una maggiore dilazione temporale che assicuri l’incasso di una somma maggiore. La scelta, inoltre, è condizionata dalla propensione al rischio ossia dalla percezione che il debitore possa o meno dare seguito alla proposta formulata.
A ciò possono aggiungersi anche motivazioni ulteriori a carattere strettamente soggettivo: il creditore potrebbe avere interesse all’apertura della liquidazione controllata, posta la presunta assenza di meritevolezza ai fini della successiva esdebitazione del debitore; analogamente, potrebbero esservi “interessi esogeni” come quello di eliminare il debitore dal mercato.
Ad ogni modo, nell’ambito del Codice della crisi non vi è alcuna norma che individui il soggetto su cui grava l’onere di provare la convenienza o meno della proposta, sebbene la molteplicità di variabili da considerare ne renda difficile ogni dimostrazione.
In caso di contestazione, il vaglio è rimesso al giudice che deve tener conto di tutte le variabili ad eccezione di quelle esogene, avendo cura di confrontare lo scenario di ristrutturazione proposto con quello alternativo della liquidazione controllata e, infine, ritenere maggiormente conveniente la soluzione che conduce alla massimizzazione del risultato.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Modena con sentenza del 29 agosto 2025.
Particolare attenzione va riservata anche alla solvibilità di eventuali terzi finanziatori e/o garanti, mentre è opportuno ridimensionare le eventuali contestazioni in merito ai tempi di dismissione dei cespiti, ove previsto nel piano.
Con riferimento all’alienazione dei beni, infatti, nel confronto con l’alternativa della liquidazione, è da escludere che il loro realizzo possa avvenire in tempi più brevi, oltre a dover considerare le tempistiche di ripartizione che possono essere meno celeri ed essere influenzate da reclami o contestazioni del passivo.
Nel perimetro del vaglio giudiziale vi rientra anche la necessità di verificare la corretta formazione delle classi, sebbene la loro formazione sia obbligatoria solo per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi (art. 74 comma 3 del DLgs. 14/2019).
Al concordato minore, ai sensi dell’art. 74 comma 4 del DLgs. 14/2019, per quanto non disciplinato e in quanto compatibili, si applicano le norme di cui al Capo III, Titolo IV del medesimo decreto; pertanto, legittima è la verifica del tribunale in merito alla formazione delle classi in relazione all’art. 112 comma 2 lett. c) del DLgs. 14/2019, norma compatibile con l’istituto del concordato minore.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41
 
     
     
                                    
                                 
                                                 
                                                 
                                             
                                                 
                                             
                                     
                                         
                                         
                                         
                                        