Rebus tracciabilità per le spese di trasferta all’estero
Secondo il documento AIDC LAB n. 1/2025, dovrebbero essere escluse dai nuovi obblighi
L’AIDC LAB ha analizzato, nell’ambito del focus n. 1/2025, le novità introdotte dalla legge di bilancio 2025 in tema di obbligo di pagamento con mezzi tracciabili ai fini della non imponibilità/deducibilità dei rimborsi spese (artt. 51 comma 5 e 95 comma 3-bis del TUIR).
Con particolare riferimento ai rimborsi spese ai dipendenti, l’AIDC osserva come emerga un effetto di doppia imposizione economica che la disposizione recata dall’art. 95 comma 3-bis del TUIR introduce in combinazione con il disposto dell’art. 51 comma 5 del TUIR, che specularmente prevede che i rimborsi delle spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea siano esclusi dal reddito imponibile del lavoratore dipendente a condizione che i relativi pagamenti siano effettuati con mezzi tracciabili.
Viene quindi rilevato che, visto il riferimento agli autoservizi pubblici non di linea, la limitazione delle deducibilità non opera con riferimento ai costi sostenuti per fruire degli autoservizi pubblici di linea, quali, ad esempio, tram, metropolitana, e per i servizi di trasporto ferroviario o aereo.
Inoltre, si ritengono escluse dall’ambito di applicazione delle nuove disposizioni le spese relative alla sosta o parcheggio, a cui continua ad essere applicato il trattamento previsto nella risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 5/2019 (si veda “Rimborsi spese di parcheggio senza obbligo di tracciabilità” del 5 febbraio 2025).
Viene poi evidenziato che, stando all’attuale formulazione normativa, il nuovo obbligo di pagamento con mezzi tracciabili si applica alla generalità delle spese disciplinate dal comma 5 dell’art. 51 del TUIR, quindi indifferentemente alle trasferte in Italia, dentro o fuori dal territorio comunale, e all’estero.
Sul punto, viene rilevato che si possono presentare numerose situazioni in cui l’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili risulta oggettivamente impossibile, come nel caso delle imprese che, in ragione della loro attività, devono inviare in trasferta i propri dipendenti in Paesi in cui l’utilizzo di strumenti di pagamento alternativi al contante non sia diffuso o neppure accettato.
Peraltro, potrebbero presentarsi, persino in Paesi avanzati, situazioni contingenti in cui non sia possibile il ricorso a strumenti alternativi al contante.
Posto che, stando alla Relazione illustrativa al provvedimento, l’obbligo di pagamento tracciato viene adottato come strumento per contrastare gli ampi fenomeni di evasione riscontrati in determinati settori economici, risulterebbe legittimo domandarsi se tale interesse non possa dirsi assente nel caso in cui il fornitore sia collocato in un Paese straniero e non in Italia, con la conseguenza di ritenere le spese sostenute all’estero non soggette al requisito della tracciabilità (considerando anche che nella legislazione straniera non è detto che esista il divieto di pagamento in contanti al fine di riconoscere la deducibilità della spesa sostenuta).
Stando ad alcune indiscrezioni della stampa specializzata, tale problematica potrebbe essere risolta da un DL fiscale di prossima emanazione, che limiterebbe l’applicabilità delle nuove disposizioni sulla tracciabilità alle sole spese sostenute in Italia.
Il documento n. 1/2025 in commento fornisce poi alcune indicazioni operative in relazione ai rimborsi spese dei dipendenti.
Le nuove norme richiedono in sostanza l’introduzione, da parte delle imprese (al di là dell’acquisto diretto da parte dell’impresa o di carte aziendali concesse ai dipendenti), di specifiche procedure volte a raccogliere l’evidenza documentale del pagamento con mezzi tracciabili, quali ad esempio estratti dei conti bancari o delle carte di credito/debito utilizzati dai dipendenti, ricevute del pagamento elettronico, nonché gli scontrini fiscale o ricevute in cui compaia la dicitura “pagamento elettronico”.
Tuttavia, secondo il documento in esame, nelle situazioni in cui non sia materialmente possibile produrre la prova della tracciabilità del pagamento in applicazione del principio di proporzionalità declinato dall’art. 10-ter dello Statuto del contribuente, sarebbe ammissibile la deducibilità dei relativi costi, per l’impresa, e l’esclusione dal reddito imponibile del dipendente, ogniqualvolta gli oneri imposti risultino eccessivi rispetto all’obiettivo che si intende raggiungere, vale a dire contrastare fenomeni di evasione realizzati da soggetti diversi dai diretti destinatari della norma. È il caso, come già evidenziato, dei pagamenti per prestazioni ricevute all’estero, “in relazione alle quali non è ragionevolmente prevedibile alcun concreto effetto di deterrenza rispetto ad eventuali fenomeni di evasione che, peraltro, riguarderebbero una diversa giurisdizione”.
Viene inoltre rilevato che sembra ragionevole la non applicazione della norma con riferimento ai pagamenti di importo inferiore o pari ai limiti indicati dall’art. 51 comma 5 del TUIR con riferimento alle spese che, sebbene non documentabili, non concorrono alla formazione del reddito del dipendente senza comprometterne la deducibilità dal reddito d’impresa del datore di lavoro.
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