Particolare tenuità anche per le contravvenzioni sulla sicurezza sul lavoro
I giudici di legittimità valorizzano un approccio legato al «caso per caso» in favore di un giudizio condotto sul fatto concreto nel suo complesso
La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto è applicabile anche ai c.d. reati di pericolo, con particolare riguardo alle contravvenzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Così precisa la sentenza n. 21280, depositata ieri dalla Cassazione.
Anche nell’ambito di questa categoria di reati viene ritenuto che la valutazione di particolare tenuità non sia di per sé preclusa, sia perché l’esiguità del pericolo è espressamente contemplata dall’art. 131-bis c.p., sia perché il concetto di pericolo, anche quando esso sia astratto o presunto, non impedisce una concreta valutazione del fatto storico nel suo complesso, che ben può condurre a ritenere sussistente l’offesa al bene giuridico, quand’anche non vi sia stata una sua lesione o una messa in pericolo, e ciò nonostante tale offesa non sia meritevole di una sanzione.
I giudici di legittimità si rifanno qui all’insegnamento delle Sezioni Unite penali secondo cui tale causa di non punibilità è configurabile, in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma, in ogni fattispecie criminosa, inclusi i reati di pericolo (Cass. SS.UU. n. 13681/2016 e Cass. SS.UU. 13682/2016).
Si ricorda che si parla di reati di pericolo per indicare quei reati in cui la condotta realizzata dal soggetto agente non produce un danno, ma pone in pericolo il bene-interesse protetto dal legislatore. Sono reati, questi, nei quali la soglia di tutela viene anticipata per una scelta operata a monte dal legislatore, normalmente basata su una significativa rilevanza degli interessi protetti. I delitti di attentato, i vari delitti contro la personalità dello Stato, l’incolumità pubblica, la salute pubblica, nonché quasi tutte le contravvenzioni, rientrano nella tipologia dei reati di pericolo. Tra questi vi sono anche i reati di “pericolo astratto”, in cui la valutazione sulla pericolosità del fatto di reato è compiuta a monte dal legislatore, per cui il giudice è chiamato a verificare soltanto se sia stata posta in essere la fattispecie tipizzata, senza dover (necessariamente) verificare la sussistenza in concreto del pericolo.
Ciò premesso, la Cassazione si sofferma anche sul tema dei presupposti per l’applicazione della particolare tenuità.
Nel caso in esame, il tema della “non abitualità” della condotta è centrale essendo contestate tredici violazioni alla normativa antinfortunistica, tutte della stessa indole. Uno dei due indici-criteri in base ai quali può essere riconosciuta la particolare tenuità del fatto è, infatti, la “non abitualità del comportamento” ed a chiarire quando, in caso di commissione di più reati della stessa indole, non possa essere ritenuta la particolare tenuità del fatto per il quale si procede, è intervenuta ancora una volta la sentenza delle Sezioni Unite n. 13681/2016, affermando che la serialità, idonea ad integrare un comportamento abituale, ostativo al riconoscimento dell’art. 131-bis c.p., “si realizza quando l’autore faccia seguire a due reati della stessa indole un’ulteriore, analoga condotta illecita”. In altri termini, scatta la preclusione nel momento in cui vi siano a carico dell’autore almeno due reati della stessa indole, diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si chiede la particolare tenuità del fatto e dunque almeno tre reati, tutti della stessa indole, nei quali va compreso quello per cui si procede.
Inoltre, i reati idonei a integrare un comportamento abituale possono non essere stati oggetto di condanne irrevocabili; possono anche essere successivi a quello per il quale si procede (e ciò in quanto si verte in una disciplina diversa dalla recidiva); possono essere sottoposti alla cognizione dello stesso giudice che procede e ciascuno dei fatti singolarmente considerato può essere a sua volta tenue; possono inoltre essere stati in precedenza ritenuti non punibili per la particolare tenuità del fatto.
Peraltro, nemmeno l’ipotesi in cui la pluralità di reati sono unificati nel vincolo della continuazione (c.d. reato continuato) è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità (così Cass. SS.UU. n. 18891/2022).
In definitiva la pronuncia oggi in esame valorizza un approccio legato al “caso per caso” in favore di un giudizio condotto sul fatto concreto nel suo complesso. Se infatti – come detto – l’istituto è applicabile a qualunque tipologia di reato, il giudizio sul suo riconoscimento non può prescindere da una valutazione del fatto concreto nel suo complesso che tenga conto della situazione specifica delle condizioni in cui sono state realizzate le condotte e della loro offensività.
Ciò vale a maggior ragione quando – come nel caso in esame – vengono contestate numerose contravvenzioni aventi ad oggetto reati di pericolo, la maggior parte dei quali di “mera disobbedienza” (quali l’omessa a nomina del medico; l’omessa consegna dei dispositivi di protezione individuale; l’omesso invio a visita medica; l’omesso aggiornamento del documento di valutazione dei rischi; l’omessa frequentazione di corsi di formazione; l’omessa tenuta di mezzi di estinzione di incendi spontanei, etc.) commesse tutte in un medesimo luogo e accertate nello stesso momento.
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