Cessazione involontaria del rapporto di lavoro con detenzione domiciliare
Il rapporto invece continua tra una chiamata e l’altra in presenza del meccanismo di rotazione dei lavoratori
La Cassazione, con le sentenze nn. 19737/2025 e 19746/2025, è recentemente tornata sul tema del lavoro carcerario, confermando che il lavoro intramurario alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria è del tutto equiparabile al lavoro ordinario anche ai fini previdenziali e assistenziali e che la cessazione del rapporto a seguito di scarcerazione per fine pena deve considerarsi involontaria ai fini della percezione della NASpI.
Con la sentenza n. 19737/2025, i giudici di legittimità hanno tuttavia trattato una fattispecie specifica, vale a dire quella della cessazione del rapporto durante lo stato detentivo per ammissione alla misura della detenzione domiciliare.
Si evidenzia che in passato, con la sentenza n. 396/2024, si era già avuto modo di chiarire che la cessazione del rapporto di lavoro intramurario per fine pena, con conseguente scarcerazione, dà luogo a uno stato di disoccupazione involontaria rilevante ai fini della tutela previdenziale della NASpI. Il caso trattato con l’indicata decisione riguardava un lavoratore che, dopo aver prestato attività lavorativa intramuraria ed essere stato scarcerato per fine pena, aveva richiesto l’indennità di disoccupazione. La Suprema Corte aveva ritenuto sussistente il diritto dell’ex detenuto a percepire la NASpI, che è dovuta quando la cessazione del rapporto di lavoro è involontaria, dato che lo stato di disoccupazione che consegue alla cessazione del rapporto di lavoro intramurario per fine pena deve considerarsi involontario (si veda “NASpI al lavoratore scarcerato” del 31 gennaio 2024).
La fattispecie di cui alla sentenza n. 19737 portata all’attenzione dei giudici riguarda, come detto, il caso di un lavoratore che era stato ammesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare, cessando in tal modo l’attività lavorativa alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria all’interno dell’istituto penitenziario.
La Suprema Corte ha affermato che anche in caso di cessazione dell’attività lavorativa per ammissione alla misura alternativa della detenzione domiciliare la perdita dell’occupazione deve considerarsi involontaria, con conseguente diritto del lavoratore alla NASpI. Infatti, sebbene a monte vi sia un’istanza da parte del detenuto, il provvedimento di concessione dell’indicata misura alternativa proviene in ogni caso dall’autorità giudiziaria e discende da un procedimento valutativo in merito alla sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge. Quindi, anche in questa ipotesi, non si tratta di una decisione unilateralmente assunta dal lavoratore.
La Cassazione, con l’occasione, ha ricordato che l’Amministrazione penitenziaria versa all’INPS i contributi per la disoccupazione anche per i detenuti lavoratori e che la NASpI spetta a tutti i lavoratori di cui all’art. 1 del DLgs. 22/2015, anche se dipendenti da enti che non perseguono scopi di lucro.
Con la sentenza n. 19746/2025 si è invece affrontata l’ipotesi della temporanea inattività lavorativa per effetto del meccanismo della rotazione dei lavoratori. La Suprema Corte si è concentrata sulla differenza, ai fini della percezione dell’indennità di disoccupazione, tra la sospensione dell’attività dei lavoratori detenuti tra un turno di lavoro e l’altro, nell’ambito di un unico rapporto di lavoro a favore dell’Amministrazione penitenziaria, e la perdita o cessazione del rapporto di lavoro.
Nella pronuncia si ricorda che ai sensi dell’art. 15 comma 2 della L. 354/75 ai fini del trattamento rieducativo, salvo i casi di impossibilità, al condannato e all’internato è assicurato il lavoro, e che per conciliare l’impegno a carico dell’Amministrazione di assicurare al condannato e all’internato il lavoro con la scarsa offerta di lavoro, dal punto di vista quantitativo, in carcere sovviene il meccanismo della rotazione, che permette di coinvolgere i detenuti in modo equilibrato e a parità di condizioni.
La Cassazione ha quindi chiarito che, in presenza del meccanismo di rotazione dei lavoratori, quale forma di organizzazione del lavoro, non vi è cessazione del rapporto tra una chiamata e l’altra nell’ambito di un unico programma e che, quindi, il rapporto di lavoro continua. Bisogna pertanto tenere ben distinti il caso della pausa dalla turnazione da quello della cessazione del rapporto lavorativo non riconducibile a una mera sospensione per programmato avvicendamento, che se involontaria dà diritto alla NASpI.
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