La Bce lascia fermi i tassi
Anche grazie alle passate riduzioni, l’economia ha sinora mostrato nel complesso buona capacità di tenuta in un difficile contesto mondiale
Fino alla riunione Bce i tassi eurozona sono scesi per poi rimbalzare: il bilancio rispetto ad una settimana fa vede un rialzo più consistente del tratto breve e una lieve increspatura del lungo termine. I tassi inizialmente erano scesi sulla convinzione che la crescita europea potesse risentire in modo significativo dei dazi e che la Bce fosse costretta a tagliare già a settembre (segui tassi e valute su www.aritma.eu).
Il Consiglio direttivo riunito a Francoforte ha deciso giovedì di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento della Bce. I tassi di interesse sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale rimarranno invariati al 2%, al 2,15% e al 2,40%, rispettivamente. L’inflazione è pari attualmente all’obiettivo del 2% a medio termine. Le nuove informazioni sono sostanzialmente in linea con la valutazione precedente circa le prospettive di inflazione. Le pressioni interne sui prezzi hanno continuato ad attenuarsi, a fronte di un rallentamento dei salari. Anche grazie alle passate riduzioni dei tassi di interesse, l’economia ha sinora mostrato nel complesso buona capacità di tenuta in un difficile contesto mondiale.
Al tempo stesso, il panorama resta eccezionalmente incerto, soprattutto a causa delle controversie commerciali. Per definire l’orientamento di politica monetaria adeguato la Bce seguirà un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione. In particolare le decisioni sui tassi di interesse saranno basate sulla valutazione delle prospettive di inflazione e dei rischi a esse associate, considerati i nuovi dati economici e finanziari, nonché della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi.
Illustrando la decisione al termine del consiglio, la presidente Lagarde ha fatto riferimento a un clima “più incerto del consueto”, a una votazione unanime e a una situazione attendista, in considerazione del buon posizionamento sui tassi. La reazione del mercato non si è fatta attendere: calano le prospettive di una mossa espansiva in settembre e lievitano i rendimenti dei titoli di Stato. La condizione per un taglio dei tassi in settembre è un deterioramento del quadro macro e una revisione al ribasso delle stime dello staff.
Intanto l’attività delle imprese della zona euro ha registrato un’accelerazione che ha superato le previsioni a luglio, sostenuta da un solido miglioramento del settore dei servizi, dominante nel blocco, e da un settore manifatturiero che ha mostrato ulteriori segni di ripresa. L’indice composito preliminare dei responsabili degli acquisti (PMI) per la zona euro, considerato un buon indicatore per la crescita, è salito a 51,0 punti – massimo di 11 mesi – da 50,6 a giugno. Il dato si è attestato al di sopra della soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione e oltre le attese pari a 50,8.
Complessivamente l’effetto di una Bce attendista e di Pmi migliori del consensus hanno condotto il Bund 2 anni all’1,93% (+6 cent. ma +10 rispetto ai minimi della settimana), il Bund 10 al 2,70% (+2). I tassi Irs a 2-3-5 anni salgono di 4 centesimi (2 anni al 2,06%) e il 10 anni al 2,68% (+2).
In calo l’Euribor 3 mesi che torna sotto il 2% (fixing oggi all’1,95%); si modificano invece lievemente all’insù le attese per il parametro trimestrale: per fine anno 1,88% (tasso Future dicembre), contro 1,83% di venerdì scorso.
Tutto ciò mentre il mercato si prepara alla riunione Fed e BoJ della prossima settimana e a un calendario macro molto intenso con il Pil e l’inflazione in Usa e Ue, i dati occupazionali e l’indice Ism dagli Stati Uniti.
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