ACCEDI
Martedì, 12 agosto 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Il contribuente può sollevare obiezioni contro gli accessi fiscali privi di motivazione

Manca una norma di raccordo con la procedura penale

/ Maurizio RIVERDITI

Martedì, 12 agosto 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

Con la L. 30 luglio 2025 n. 108 (entrata in vigore il 2 agosto), di conversione del DL 17 giugno 2025 n. 84, è stata apportata una significativa modifica all’art. 12 comma 1 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000), introducendo un obbligo espresso di motivazione puntuale per tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali.
Si tratta di una riforma che rappresenta una risposta diretta alle censure mosse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, rafforzando il quadro delle garanzie (tributarie e penali) del contribuente sin dall’esordio dell’attività ispettiva.

Il punto d’innesco della riforma è rappresentato, infatti, dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo n. 36617/18 (Italgomme Pneumatici S.rll. e altri c. Italia), con cui è stata accertata la violazione dell’art. 8 della CEDU da parte dell’Italia per la mancanza di condizioni specifiche e controlli effettivi sugli accessi nei locali aziendali in sede d’ispezione.
In particolare, la Corte ha rilevato che “l’ordinamento italiano non prevede condizioni specifiche per l’autorizzazione delle ispezioni nei locali di un’impresa né meccanismi efficaci di controllo, prima o dopo l’esecuzione, sulla legittimità e necessità della misura” e che “la necessità dell’ingerenza deve essere dimostrata con riferimento a circostanze concrete e attuali, non potendo ritenersi sufficiente un generico richiamo ad esigenze di controllo fiscale”.

Si tratta di una decisione che si inserisce in una linea giurisprudenziale consolidata (cfr. Corte EDU, sentenze 16 aprile 2002 n. 37971/97, Colas Est c. Francia e 2 ottobre 2014 n. 97/11, Delta Pekárny a.s. c. Repubblica Ceca), secondo cui anche i locali aziendali rientrano nella nozione di “domicilio” ai sensi dell’art. 8 della CEDU e qualsiasi ingerenza deve essere giustificata da motivazioni specifiche e proporzionate.
Da qui la necessità di garantire il rispetto di tale cautela anche in relazione agli accessi motivati dalle finalità di cui all’art. 12 citato.

Il DL 84/2025 conv. L. 108/2025 si è prefissato l’obiettivo di recepire i principi espressi dalla Corte EDU inserendo, all’interno dell’art. 12 della L. 212/2000, un nuovo comma introdotto dall’art. 13-bis del citato DL, funzionale a dare attuazione all’esigenza di motivazione coerente con le garanzie sancite dall’art. 8 della Convenzione.

Sicché oggi, il primo comma dell’art. 12 – che già stabiliva, oltre al resto, che gli accessi nei luoghi indicati debbono essere “effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo” e si devono svolgere, “salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente” – è stato arricchito dalla necessità di “indicare e motivare espressamente le circostanze e le condizioni che giustificano l’accesso”.

Considerata la peculiarità delle attività e la rilevanza delle garanzie richiamate dalla Corte EDU, non si tratta di un mero adempimento formale, ma di un requisito sostanziale che consente il controllo giurisdizionale sui requisiti di necessità e proporzionalità dell’ingerenza.

Risposta al principio emergente dalla Corte EDU

La riforma, dunque, rappresenta una risposta alla condanna inflitta da Strasburgo, traducendo in norma interna l’esigenza che la necessità e la proporzionalità dell’accesso siano esplicitate in motivazioni puntuali e personalizzate, garantendone il controllo di legittimità preventivo e successivo, dotando il contribuente di un ulteriore strumento di tutela.

Affinché questa riforma possa “attecchire” sul versante penale, peraltro, occorre tenere a mente che in assenza di una disposizione di raccordo che incida direttamente sulle regole che disciplinano le nullità derivate (sulla falsariga dell’art. 185 c.p.p.), sarà compito del contribuente far rilevare tempestivamente la mancanza o l’insufficienza della motivazione al fine di paralizzare l’ispezione. Diversamente, infatti, la riforma (quantomeno sul piano penale) rimarrebbe sterilizzata dalla difficoltà (cfr. Corte cost. nn. 252/2020 e 219/2019) di eccepire l’inutilizzabilità delle acquisizioni probatorie (essenzialmente di natura documentale) ottenute in forza di un accesso “immotivato”.

Sarà quindi necessario, in attesa di un intervento legislativo in linea con i principi CEDU, garantire al contribuente assistenza attenta e qualificata sin dall’inizio dell’attività ispettiva, tenendo presenti anche le possibili implicazioni penali della correttezza e completezza della motivazione che ne giustifica l’avvio.

TORNA SU