Nesso causale tra assistenza al disabile e assenza dal lavoro per i permessi 104
Deve essere sempre soddisfatta la finalità del permesso, riconosciuto in attuazione dei superiori valori di solidarietà
I permessi di cui all’art. 33 della L. 104/92 sono riconosciuti al lavoratore in ragione dell’assistenza alla persona con disabilità e, comunque, in relazione causale con essa, senza che il testo della norma, e la sua ratio, ne consentano un utilizzo in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per detta assistenza. In conseguenza di ciò, il comportamento del dipendente che si avvalga di detto beneficio per attendere a esigenze diverse integra l’abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, nei confronti tanto del datore di lavoro quanto dell’ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari.
Sulla scia di un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato, la Cassazione ha sancito questo principio con l’ordinanza n. 15029/2025, che ha affrontato la ricorrente questione dell’abuso dei permessi ex L. 104/92, con particolare riferimento al cruciale aspetto concernente la sussistenza del nesso di causalità tra assenza dal lavoro e assistenza della persona con disabilità.
Nel caso affrontato dalla Corte, un lavoratore veniva licenziato per giusta causa; già nel corso dei primi due gradi di giudizio era stato ritenuto legittimo il licenziamento, irrogato perché il dipendente aveva abusato dei permessi richiesti ex art. 33 comma 3 della L. 104/92 al fine di assistere un genitore con disabilità. I giudici di merito avevano accertato che l’intera giornata oggetto di permesso era stata dedicata dal dipendente ad attività ricreative che nulla avevano a che fare con l’assistenza al disabile, con evidente interruzione del nesso causale tra assenza dal lavoro e funzione alla quale sono preposti i permessi.
Rigettando il ricorso promosso dal lavoratore, i giudici di legittimità hanno avuto modo di ribadire alcuni punti fermi in materia, chiarendo in primo luogo quale sia la ratio dell’art. 33 comma 3 della L. 104/92, ossia quella di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzano in ambito familiare (cfr. Corte Cost. n. 19/2009). In base a tale ratio, precisa la Corte, è necessario che l’assenza dal lavoro si ponga in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l’assistenza al disabile; questa può essere prestata attraverso modalità e forme varie, anche mediante lo svolgimento di incombenze amministrative, pratiche o di qualsiasi genere, purché nell’interesse del familiare assistito (cfr. Cass n. 23891/2018) e senza che sia necessaria una esatta coincidenza con l’orario di lavoro al quale i permessi sopperiscono.
D’altro canto, l’istituto in esame consente di realizzare valori di rilievo costituzionale di cui agli artt. 2 e 32 Cost.: ciò fa sì che l’esistenza di un “diretto e rigoroso nesso causale” tra la fruizione del permesso e l’assistenza alla persona disabile sia elemento essenziale della fattispecie di cui all’art. 33 comma 3 della L. 104/92. Detto elemento va però inteso non in senso così rigido da imporre al lavoratore il sacrificio, in relazione col permesso, delle proprie esigenze personali o familiari ma, piuttosto, quale chiara e inequivoca funzionalizzazione del momento di fruizione del permesso alla soddisfazione dei bisogni della persona disabile, “senza automatismi o rigide misurazioni dei segmenti temporali dedicati all’assistenza in relazione all’orario di lavoro, purché risulti non solo non tradita, ma ampiamente soddisfatta, in base ad una valutazione necessariamente rimessa al giudice di merito, la finalità del beneficio che l’ordinamento riconosce al lavoratore in funzione della prestazione di assistenza e in attuazione dei superiori valori di solidarietà richiamati” (Cass. n. 7306/2023; cfr. anche Cass. nn. 12322/2025 e 14763/2025).
Ciò assunto, va in conclusione sottolineato come l’accertamento dell’abuso del diritto ai permessi ex art. 33 comma 3 della L. 104/92 comporti la verifica circa la sussistenza del nesso causale tra l’assenza dal lavoro e l’assistenza del disabile, da valutarsi in termini quantitativi e qualitativi, tenendo conto di ogni circostanza offerta dal caso concreto, così che tale abuso possa configurarsi soltanto laddove l’assistenza sia effettivamente mancata, oppure si sia svolta per tempi talmente irrisori o con modalità a tal punto insignificanti da far ritenere vanificate la salvaguardia degli interessi dell’assistito e le finalità primarie dell’intervento assistenziale voluto dal legislatore, in vista del quale viene sacrificato il diritto del datore di lavoro all’adempimento della prestazione lavorativa (cfr. Cass. n. 12322/2025).
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