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IMPRESA

Sequestro preventivo impugnabile dagli amministratori della «società-schermo»

Se la società è titolare solo formale dei beni, questi sono considerati nella disponibilità degli indagati

/ Stefano COMELLINI

Mercoledì, 10 settembre 2025

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Con la sentenza n. 30437 depositata ieri, la Cassazione, riprendendo il suo consolidato orientamento, ha affermato che gli amministratori di una “società-schermo”, mero strumento di una “frode carosello”, sono legittimati ad impugnare il decreto di sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente, eseguito sui beni di cui la stessa risulti titolare solo formalmente.

Alla Suprema Corte erano pervenuti i ricorsi avverso l’ordinanza con la quale erano state dichiarate inammissibili, per carenza di legittimazione, le impugnazioni proposte dai ricorrenti avverso il decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di beni corrispondenti al valore totale dell’evasione d’imposta conseguente al reato di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000; reato contestato per aver indicato, l’amministratore di diritto e gli amministratori di fatto di Alfa srl, nelle dichiarazioni IVA relative a più anni di imposta, elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti nel campo dei prodotti petroliferi.

Il Tribunale cautelare aveva, infatti, affermato che, eseguito il sequestro sul denaro presente sul conto corrente di Alfa srl, unico soggetto interessato alla restituzione e quindi legittimato all’impugnazione doveva individuarsi non nei ricorrenti, ma nella società stessa, dal cui conto corrente erano stati prelevati i denari vincolati. Ad avviso della Suprema Corte, tuttavia, l’affermazione del Tribunale, considerate le risultanze di indagine in atti, si pone in contrasto con l’orientamento consolidato di legittimità.

Nel caso di specie, il disegno illecito era incentrato su una frode c.d. “carosello”, nell’ambito della quale Alfa srl, unitamente ad altra società Beta srl, operava quale società filtro tra società cartiere e la società cessionaria finale, al fine di ostacolare l’individuazione del beneficiario del meccanismo fraudolento, con lo scopo di acquistare prodotti petroliferi a prezzi “fuori mercato” (in ragione dell’IVA non versata dalle società cartiere) per poi rivenderli a prezzi vantaggiosi, così da conseguire un indebito risparmio di imposta con il quale erano stati poi pagati i debiti erariali e bancari di Beta srl. I ricorrenti erano stati individuati come amministratori di fatto di tutte le società coinvolte nella frode.

Nel meccanismo fraudolento, la società Alfa è quindi risultata essere un apparato fittizio nella disponibilità degli indagati, così da rendere possibile procedere al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente sui beni e sul denaro posseduti dagli stessi per interposta persona.

La giurisprudenza di legittimità, nella sua più autorevole composizione, ha infatti affermato come non sia possibile la confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati tributari commessi da suoi organi, salva l’ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l’amministratore agisca come effettivo titolare (Cass. n. 10561/2014, “sentenza Gubert”). In tale ipotesi, infatti, la trasmigrazione del profitto del reato in capo all’ente si presenta, non come trasferimento effettivo di valori, ma quale espediente fraudolento non dissimile dalla figura dell’interposizione fittizia; con la conseguenza che il denaro o il valore trasferito devono ritenersi ancora pertinenti, sul piano sostanziale, alla disponibilità del soggetto che ha commesso il reato, in apparente vantaggio dell’ente ma, nella sostanza, a favore proprio.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha avuto così modo di precisare che è consentito il sequestro nei confronti di una “società-schermo” anche nel caso in cui il vincolo reale sia riferito al profitto di un reato che il titolare sostanziale della stessa abbia commesso in una diversa veste, ossia quale amministratore di altra società ovvero indipendentemente dallo svolgimento di funzioni amministrative di enti (Cass. n. 34956/2020). Ed ancora, che la natura di “società-schermo” ben può essere compatibile con l’operatività della stessa, perché questo non comporta necessariamente l’autonomia dell’ente rispetto a chi lo amministra (Cass. n. 12920/2022).

Ne consegue che risultando Alfa srl mero schermo fittizio degli indagati e, dunque, titolare solo formale dei beni sociali, considerati nella disponibilità effettiva degli indagati stessi, questi ultimi sono all’evidenza legittimati ad impugnare il sequestro preventivo di quei beni che, seppure formalmente appartenenti alla società, si trovavano, prima della esecuzione del sequestro per equivalente, nella loro effettiva disponibilità (Cass. n. 50823/2018).

Il principio di diritto così enunciato si concilia con altro, anch’esso consolidato, orientamento secondo il quale l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 c.p.p., può proporre il gravame solo se ha un interesse concreto ed attuale alla cessazione del vincolo cautelare, per conseguire un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante. Di qui l’accoglimento dei ricorsi e il rinvio degli atti ad altro tribunale cautelare per un nuovo giudizio sui temi qui esaminati.

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