L’accertamento con adesione non si estende al coobbligato
Se c’è la rateazione all’altro coobbligato possono essere chieste le rate non ancora pagate
La responsabilità solidale nei rapporti tributari continua a sollevare questioni interpretative, specie in presenza di definizioni agevolate parziali. Una recente ordinanza della Cassazione offre chiarimenti importanti, precisando quando l’adesione di uno dei coobbligati produce effetti nei confronti degli altri.
Con l’ordinanza n. 19989 del 17 luglio 2025, la Suprema Corte ha ribadito un principio ormai consolidato: la responsabilità solidale tra coobbligati non si estingue per il solo fatto che uno di essi definisca, mediante accertamento con adesione, un avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro, se a tale adesione non segue il pagamento integrale del debito tributario.
L’adesione, infatti, non ha effetto liberatorio per gli altri soggetti coinvolti: è il versamento completo a chiudere il debito, non la mera accettazione della pretesa fiscale. Nel caso esaminato, l’Ufficio aveva rettificato il valore di un immobile dichiarato in un atto di compravendita. L’acquirente aveva definito l’avviso in adesione, versando però solo una rata dell’importo dovuto. Di conseguenza, il venditore — coobbligato in solido — è rimasto responsabile per il residuo non versato.
Si tratta dell’ennesima conferma della linea interpretativa secondo cui l’adesione ha effetti limitati al solo contribuente che la sottoscrive, trattandosi di un accordo personale e volontario con l’Amministrazione finanziaria. Il principio affermato dalla giurisprudenza è chiaro: gli effetti dell’accertamento con adesione possono estendersi ad altri soggetti solo in bonam partem, e comunque in assenza di una volontà contraria da parte del contribuente.
Ne consegue che la scelta individuale di non impugnare l’atto impositivo e di versare le somme richieste non produce automaticamente effetti anche sugli altri coobbligati, soprattutto se questi ultimi hanno invece contestato l’atto in sede contenziosa. In altre parole, ogni contribuente resta legato all’Amministrazione da un proprio e autonomo rapporto obbligatorio.
Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 8486 del 28 marzo 2024) hanno chiarito che l’obbligazione solidale dà luogo a una pluralità di rapporti distinti ma coesistenti. Pur essendo identici per contenuto e ammontare, tali obblighi restano giuridicamente separati: le decisioni assunte da un coobbligato – come aderire, pagare o non impugnare – non vincolano in alcun modo gli altri.
Anzi, vale in generale il principio inverso: il coobbligato che non ha impugnato l’atto può eventualmente beneficiare del giudicato favorevole ottenuto da chi ha agito in giudizio (art. 1306 comma 2 c.c.), ma non può trasferire in modo automatico effetti pregiudizievoli. Nessun effetto peggiorativo può infatti ricadere sul contribuente che ha scelto la via giudiziale, solo perché un altro soggetto ha definito l’avviso in via amministrativa.
Va tuttavia segnalata una rilevante eccezione: quando è l’Ufficio a chiedere la cessazione della materia del contendere, in virtù della definizione intervenuta da parte del coobbligato rimasto inerte. In questo caso, la giurisprudenza ammette che il ricorrente benefici della cessazione della controversia, con conseguente estinzione dell’obbligazione a suo carico. Con tale richiesta, infatti, è la stessa Amministrazione a riconoscere che non esistono più i presupposti per agire nei suoi confronti, perdendo così il titolo per riscuotere l’imposta.
Pertanto, se l’Ufficio formalizza la domanda di cessazione, il contribuente che ha impugnato viene effettivamente liberato dall’obbligo, mentre la posizione degli altri coobbligati – che abbiano definito ma pagato solo in parte o non abbiano impugnato – resta invariata, e il debito persiste nei loro confronti.
In conclusione, la responsabilità solidale continua a operare fino al completo soddisfacimento del credito tributario, salvo che intervenga una cessazione della controversia formalmente richiesta dall’Amministrazione. La pronuncia della Cassazione chiarisce dunque un punto essenziale: la definizione agevolata produce effetti liberatori solo se accompagnata dal pagamento integrale o da una rinuncia dell’Ufficio alla pretesa. In mancanza, l’Amministrazione conserva il diritto di agire nei confronti degli altri soggetti solidalmente obbligati.
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