La Bce lascia fermi i tassi
L’economia ha continuato a crescere malgrado il difficile contesto mondiale
La Fed taglia, ferme Bce e Bank of Japan. Tutto secondo copione ma qualche novità, soprattutto dal presidente Fed, ha contribuito ad un rialzo di una decina di centesimi sui tassi Usa. Stabili i tassi europei (segui tassi e valute su www.aritma.eu).
In linea con le attese di mercato Fed ha varato un taglio da un quarto di punto, portando il riferimento sui Fed Fund a 3,75-4%. Powell ha lasciato intendere che potrebbe trattarsi dell’ultimo taglio dei tassi dell’anno, dal momento che su dicembre ci sono visioni differenti tra i componenti del Fomc. Da tenere presente che il verdetto di politica monetaria si è tenuto in assenza di molti indicatori macro slittati a causa dello shutdown. Fondamentale per la banca centrale Usa muoversi con la massima cautela, tentando di prevenire un deterioramento del mercato occupazionale e al contempo un’accelerazione dei prezzi al consumo.
La reazione sui tassi Usa è stata significativa con il Bond 10 salito al 4,11% (+7 in settimana) e il 2 anni al 3,61% (+10). Sono soprattutto i tassi Future Sofr a modificarsi con un rialzo di 15 centesimi per le scadenze 2025-26.
La Bce ha deciso di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento (depo 2%; refi 2,15%; rifinanziamento marginale 2,40%). L’inflazione resta prossima all’obiettivo del 2% a medio termine e la valutazione delle prospettive di inflazione si conferma pressoché invariata. L’economia ha continuato a crescere malgrado il difficile contesto mondiale. Il vigore del mercato del lavoro, la solidità dei bilanci del settore privato e le passate riduzioni dei tassi di interesse rimangono fattori importanti alla base della capacità di tenuta dell’economia. Tuttavia le prospettive sono ancora incerte, soprattutto a causa delle attuali controversie commerciali e tensioni geopolitiche a livello mondiale.
Secondo la stima flash preliminare l’economia è cresciuta dello 0,2% nel terzo trimestre dell’anno. Il settore dei servizi ha continuato a crescere, stimolato dal vigore del comparto turistico e in particolare dall’espansione dei servizi digitali. Tale espansione riflette i maggiori sforzi compiuti da molte imprese per modernizzare le proprie infrastrutture informatiche e integrare l’intelligenza artificiale nella propria operatività. Al tempo stesso, la produzione manifatturiera è stata frenata dall’aumento dei dazi, dall’incertezza ancora elevata e dal rafforzamento dell’euro.
È probabile che il divario tra domanda interna ed esterna persista nel breve periodo. Con l’aumento dei redditi reali, l’economia dovrebbe beneficiare della maggiore spesa per consumi. La disoccupazione, pari al 6,3% a settembre, si mantiene prossima al minimo storico nonostante la flessione della domanda di manodopera. Le famiglie continuano a destinare al risparmio una quota insolitamente elevata del proprio reddito, e ciò dovrebbe lasciare loro margini più ampi per un ulteriore aumento della spesa. La considerevole spesa pubblica in infrastrutture e difesa, nonché le passate riduzioni dei tassi di interesse, dovrebbero sostenere gli investimenti. Indicazioni positive giungono dall’ifo tedesco in settimana che fanno seguito a quelle degli indici Pmi della scorsa.
Per contro, il contesto mondiale rimarrà probabilmente un fattore di freno. Il calo delle esportazioni di beni registrato fra marzo e agosto ha invertito l’anticipazione degli scambi internazionali che aveva preceduto i recenti incrementi dei dazi. I nuovi ordinativi dall’estero nel settore manifatturiero segnalano ulteriori diminuzioni. L’impatto dell’aumento dei dazi sulle esportazioni dell’area dell’euro e sugli investimenti nel settore manifatturiero si manifesterà appieno solo nel tempo.
L’inflazione sui dodici mesi è aumentata al 2,2% a settembre, dal 2,0% di agosto, principalmente per effetto della minore diminuzione dei prezzi dell’energia rispetto al passato. L’inflazione al netto dei beni energetici e alimentari è cresciuta al 2,4%, dal 2,3% di agosto. Il dato appena comunicato relativo al cpi flash di ottobre è del 2,1% (attese 2,1%; precedente 2,2%) con la “core” che invece resta al 2,4% (attese 2,3%). Gli indicatori dell’inflazione di fondo restano coerenti con l’obiettivo Bce del 2% a medio termine: infatti se da un lato si assiste alla ripresa degli utili delle imprese che hanno un impatto inflattivo, dall’altro il costo del lavoro dovrebbe moderarsi ulteriormente a seguito dell’aumento della produttività e di un rallentamento delle retribuzioni che contribuiranno a mitigare l’inflazione di fondo.
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