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FISCO

Vendite di beni su piattaforme on line fiscalmente rilevanti se abituali

I falsi venditori occasionali si registrano alle piattaforme e operano come tali mettendo in piedi, in realtà, una vera e propria rivendita professionale

/ Emiliano MARVULLI

Giovedì, 6 novembre 2025

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L’Eurispes ha lanciato l’allarme che, senza regole chiare e controlli efficaci, il web potrebbe trasformarsi in un vero e proprio “paradiso fiscale virtuale”.
Nel rapporto “Il Fisco nel modo virtuale”, pubblicato a ottobre 2025, l’Istituto pone l’attenzione su una questione cruciale legata al commercio elettronico, sottolineando che le vendite di beni realizzate attraverso piattaforme on line, come eBay, ma anche su altri siti molto diffusi come Subito.it, Vinted o Wallapop, per citare i più noti, possono diventare fiscalmente rilevanti nel momento in cui queste attività diventano abituali.

Il Rapporto richiama il fenomeno dei falsi rivenditori occasionali, già oggetto di indagini da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza in passato, ma che oggi è reso ancora più rilevante dall’enorme crescita dei marketplace che forniscono servizi di vendita on line.
Si tratta di operatori che si registrano alle piattaforme come venditori occasionali e operano come tali mettendo in piedi, in realtà, una vera e propria rivendita professionale, eludendo così l’obbligo di aprire un account business e identificarsi come operatori professionali. In tal modo, apparendo come venditori occasionali, questi soggetti non realizzano (almeno formalmente) un reddito imponibile, neanche rientrante nella categoria dei redditi diversi.

In realtà, la frequenza e la sistematicità delle operazioni sono elementi sintomatici di una vera e propria attività commerciale, con la conseguenza che i “guadagni” realizzati dalle vendite sarebbero da assoggettare a tassazione come reddito d’impresa.
Infatti, affinché la vendita on line di un bene non generi un reddito imponibile ai fini IRPEF è necessario che l’operazione sia realmente occasionale e priva di intento speculativo, ciò indipendentemente dal valore dell’oggetto, sia esso un bene personale di modico valore o un’opera d’arte (sempreché si tratti, in quest’ultimo caso, di cessione una tantum effettuata dal collezionista privato senza finalità speculative o imprenditoriali, cfr. C.G.T. di I grado di Torino n. 1101/01/2024).

Per configurare il reddito d’impresa è irrilevante l’assenza di un’autonoma organizzazione, richiesta dall’art. 2082 c.c. ai fini della qualifica di imprenditore “civilistico”, perché la normativa fiscale che qui rileva (art. 55 del TUIR) non richiede il requisito dell’organizzazione, ma la mera professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività di cui all’art. 2195 c.c., ivi compresa l’attività intermediaria nella circolazione dei beni (cfr. Cass. n. 6874/2023).

È, inoltre, ininfluente la circostanza che il venditore sia o meno dotato di una partita IVA. A tal riguardo il Rapporto richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 7552 del 21 marzo 2025, che si è espressa proprio sull’inquadramento reddituale delle attività di vendita on line affermando che anche un privato, privo di partita IVA, che effettua numerose vendite sulle piattaforme digitali per un periodo prolungato, può essere considerato un imprenditore ai fini fiscali e il suo guadagno tassato come reddito d’impresa.

Ininfluente il fatto che il venditore sia o meno dotato di una partita IVA

A ben vedere, il rischio di contestazioni fiscali potrebbe riguardare anche i privati che, pur non essendo falsi venditori occasionali, operano sulle piattaforme digitali con modalità che superano la mera occasionalità, sia per numero di transazioni che per sistematicità e durata.
Tali valutazioni devono essere effettuate con un approccio “caso per caso”, ma è importante considerare che si tratta di informazioni che sono già in possesso dell’Agenzia delle Entrate, grazie all’implementazione del sistema di scambio automatico di informazioni in materia fiscale finalizzato ad arginare proprio il fenomeno dell’evasione fiscale on line.

Un ruolo chiave in tal senso è svolto dalla Direttiva c.d. DAC 7, recepita in Italia dal DLgs. 32/2023, che consente all’Amministrazione finanziaria di acquisire direttamente dalle piattaforme on line i dati anagrafici di chi, dal 2023 in poi, compie operazioni rilevanti di e-commerce, di affitto di beni immobili, di offerta di servizi personali e di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto, oltre al numero delle transazioni e i relativi corrispettivi, “indipendentemente dal carattere transfrontaliero delle attività svolte” (così FAQ Agenzia delle Entrate del 9 febbraio 2024).

Sono esclusi dalla comunicazione soltanto i c.d. “piccoli inserzionisti”, cioè coloro per i quali il gestore della piattaforma ha facilitato meno di trenta attività pertinenti mediante la vendita di beni e l’importo totale del relativo corrispettivo versato o accreditato non era superiore a 2.000 euro nell’anno oggetto di comunicazione. Il superamento di tali parametri non comporta l’automatica tassazione degli eventuali guadagni, ma costituisce un elemento che potrebbe attivare controlli fiscali volti a valutare la reale rilevanza delle operazioni.

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