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Mercoledì, 24 dicembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

IMPRESA

Non proseguibile la revocatoria per fallimento dell’acquirente

Necessaria l’insinuazione al passivo per il valore corrispondente

/ Antonio NICOTRA

Mercoledì, 24 dicembre 2025

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La domanda di revoca (ordinaria o fallimentare) non ha a oggetto il bene in sé, ma solo la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l’assoggettabilità del bene a esecuzione.

Il bene dismesso con l’atto revocando viene, infatti, in considerazione, rispetto all’interesse dei creditori, soltanto per il suo valore, con la conseguenza che il fallimento (o la liquidazione giudiziale) del terzo acquirente (o del creditore accipiens), dichiarato successivamente all’atto di alienazione (o di pagamento) che ha determinato la lesione della garanzia patrimoniale, se impedisce l’esercizio dell’azione costitutiva, non preclude, nelle forme esclusive del giudizio di verificazione, l’esercizio di un’azione restitutoria per l’equivalente parametrata al valore del bene (o del denaro) sottratto alla garanzia patrimoniale.

Il fallimento (o liquidazione giudiziale) del terzo acquirente (o del creditore accipiens) preclude la proponibilità, ovvero la proseguibilità, in sede ordinaria, dell’azione di revoca, non essendo consentito, a fronte della cristallizzazione del patrimonio conseguente alla sentenza dichiarativa, di incidere sull’integrità dello stesso con il recupero del bene (o del denaro) alla sola garanzia patrimoniale del creditore (o della massa dei creditori) dell’alienante (o del solvens).
Pur impedendo di recuperare il bene alienato (o il denaro versato), al fine di esercitare sul medesimo l’azione esecutiva (ovvero acquisirlo all’attivo della procedura), non esclude che il creditore o, in caso di fallimento dell’alienante o del debitore solvens, il relativo curatore, possa insinuarsi al passivo del fallimento (dell’acquirente o dell’accipiens) per il corrispondente controvalore.

L’azione di revoca (ordinaria o fallimentare) dopo il fallimento (o la liquidazione giudiziale) dell’acquirente del bene (ovvero, nella revoca fallimentare, del creditore che ha ricevuto il pagamento) che costituisce l’oggetto dell’atto impugnato, in considerazione dell’intangibilità dell’asse fallimentare in base ai titoli formati dopo il fallimento (c.d. cristallizzazione), non può essere esperita con la finalità di recuperare il bene alienato (o la somma versata) all’esclusiva garanzia patrimoniale, in quanto la stessa rappresenta un’azione costitutiva che modifica ex post una situazione giuridica preesistente.

In tale ipotesi, i creditori (o il curatore del fallimento o della liquidazione giudiziale dell’alienante o del solvens) restano tutelati, secondo le regole del concorso (artt. 52 del RD 267/42 e 151 del DLgs. 14/2019), dalla garanzia patrimoniale generica dell’acquirente (o dell’accipiens) fallito (ovvero assoggettato a liquidazione giudiziale), potendo insinuarsi al passivo per il valore del bene, o per la somma di denaro, oggetto dell’atto di disposizione (o del pagamento) astrattamente revocabile (Cass. SS.UU. n. 12476/2020; Cass. nn. 40745/2021 e 34391/2022).

In questo senso, si pone, da ultimo, anche la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29720 dell’11 novembre 2025.
L’accertamento di tale credito (previa delibazione della pregiudiziale costitutiva) è di competenza esclusiva del giudice delegato (del fallimento o della liquidazione giudiziale dell’acquirente o dell’accipiens), con la conseguenza che, ove la relativa azione sia stata proposta (proseguita) nei confronti della procedura, ma nel contesto di un ordinario giudizio di cognizione, la sua inammissibilità (o improseguibilità) dev’essere dichiarata d’ufficio, in ogni stato e grado, compreso il giudizio di cassazione (Cass. n. 11021/2023).

Tutela dei creditori secondo le regole concorsuali

La sentenza di fallimento (o di liquidazione giudiziale) dell’acquirente (o del creditore accipiens) rende inammissibile (o, se già proposta, improseguibile) l’azione di revocatoria ordinaria o fallimentare (proposta dai creditori o dal curatore del fallimento o della liquidazione giudiziale dell’alienante o del solvens), la quale avendo natura costitutiva, con l’effetto di modificare ex post una situazione giuridica preesistente, non può più essere esperita con la finalità di recuperare il bene alienato (o il denaro versato) alla propria esclusiva garanzia patrimoniale, ma i creditori dell’alienante (o, in caso di fallimento o di liquidazione giudiziale, il relativo curatore) rimangono comunque tutelati dalle regole del concorso, potendo insinuarsi al passivo del fallimento, o della liquidazione giudiziale, dell’acquirente o dell’accipiens per il valore del bene (o per la somma di denaro) oggetto dell’atto di disposizione astrattamente revocabile, demandando al giudice delegato anche la delibazione della pregiudiziale costitutiva (Cass. n. 30124/2024).

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