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OPINIONI

Serve una diversa «filosofia» per il sistema penale tributario

Presentano rilievo sia il momento «dichiarativo» che quello «riscossivo»

/ Ivo CARACCIOLI

Sabato, 27 febbraio 2010

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Come si ricorderà, l’abolizione della c.d. “pregiudiziale tributaria” di cui alla L. 7 gennaio 1929 n. 4 per i reati in materia di imposte sui redditi, e poi estesa a quelli in materia di IVA dal D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, operata con la L. 7 agosto 1982 n. 516, fu dettata da una ragione essenzialmente politica, quale quella – rivelatosi il fallimento del sistema sanzionatorio penale collegato alla pregiudiziale stessa – di deferire al giudice penale la repressione delle violazioni fiscali, ritenute degne, per la loro gravità e diffusione, dell’intervento repressivo della Magistratura.
Ne seguì, come ben si sa, l’ingolfamento dei Tribunali con migliaia di procedimenti per reati fiscali puramente formali e privi di reale offensività; ulteriormente ne seguì il forte ridimensionamento delle fattispecie punibili operato dal D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74.

La riforma del 2000, incentrata sulla punizione di fatti gravi, sostenuti da dolo specifico di evasione fiscale, relativi essenzialmente al momento dichiarativo, salvo alcune fattispecie in materia di documenti e di pagamento delle imposte, si rivelò parimenti insufficiente a reprimere tutte le più svariate forme di criminalità penal-tributaria, lasciando adito a molte lacune sanzionatorie.
Onde l’ulteriore riforma degli anni 2005-2006 che ha introdotto reati in ordine all’omesso versamento di ritenute, di IVA e di indebita compensazione, parzialmente allineando il momento “riscossivo” a quello “dichiarativo” come settore di rilevanza penale.
L’introduzione delle fattispecie criminose di cui agli artt. 10-bis, ter e quater del DLgs. 74/2000 ha, infatti, inciso in maniera rilevante sulla struttura complessiva della normativa penal-tributaria, in quanto il Legislatore ha mostrato di voler criminalizzare, oltre al momento dichiarativo ed a quello dei documenti, anche il profilo del versamento delle imposte.

La limitazione, al momento attuale, della punizione dell’omesso versamento delle ritenute e dell’IVA – peraltro integrata dalla repressione dell’indebita compensazione, che concerne anche imposte diverse da quelle sui redditi e sul valore aggiunto, estendendosi altresì a contributi di vario genere – lascia fuori l’omesso versamento delle imposte sui redditi, ai quali tuttavia non è escluso che il Legislatore voglia riservare la propria attenzione in futuro, in quanto troppo fragile è apparso fin qui il diaframma costituito dall’art. 11 del DLgs. citato, a cagione della natura fraudolenta e simulata della condotta ivi presa in considerazione.
È, dunque, valida l’osservazione da molti prospettata secondo cui dopo le riforme del 2005-2006 la “filosofia” repressiva della riforma del 2000 è profondamente mutata ed il diritto penale tributario degli anni ’10 potrà riservare ulteriori sorprese.
Non si dimentichi, tra l’altro, la profonda incidenza che in materia ha avuto l’introduzione della “confisca per equivalente”, la quale ha fortemente inasprito il complessivo trattamento sanzionatorio del settore, anche con riguardo agli amministratori per i reati tributari commessi all’interno delle società.

La separazione tra i due procedimenti e i due giudicati non è assoluta

Un altro aspetto – questo di natura processuale – che sta fortemente modificando la complessiva prospettiva repressiva della materia è la c.d. “crisi del doppio binario”, formatasi a seguito di numerose pronunce della Cassazione introduttive di “varchi” ai rigidi principi di separazione tra i due procedimenti e i due giudicati di cui agli artt. 20 del DLgs. 74/2000 e 654 c.p.p.
La giurisprudenza si sta, infatti, rendendo conto che è assurdo che le ricostruzione dei fatti compiute in uno dei due ambiti non possano essere assolutamente valutate nell’altro. Fermo il principio generale per cui i due procedimenti sono ispirati da canoni diversi (validità delle “presunzioni tributarie” nel contenzioso fiscale; “libero convincimento del giudice” nel processo penale), si ammette, da parte di numerose sentenze delle sezioni V civile tributaria e III penale della S.C., che, ad esempio, il risarcimento del danno al Fisco possa giocare un ruolo liberatorio della responsabilità penale al di là della prevista attenuazione della pena di cui all’art. 13 del D.Lgs. 74/2000 e che le ricostruzioni di fatto adeguatamente compiute in sede penale non possano essere automaticamente ritenute prive di efficacia in ambito tributario.
La casistica che si sta formando al riguardo è ampia e molto interessante.

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