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OPINIONI

Encomiabile lo spirito del Congresso, ma sono mancati gli interlocutori esterni

Dobbiamo accreditarci con un’immagine diversa, coltivando al tempo stesso il senso d’appartenenza

/ Marco RIGAMONTI

Martedì, 26 ottobre 2010

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Pubblichiamo l’intervento di Marco Rigamonti, Presidente AIDC.

Si conclude con una toccante testimonianza, affidata a Umberto Ambrosoli, il nostro secondo congresso di categoria.
A questo appuntamento, con uno sforzo encomiabile, il Presidente Claudio Siciliotti ed il Consiglio nazionale tutto hanno consegnato al Paese l’immagine di una categoria diversa. Mentre il mondo dell’economia si confronta con una straordinaria crisi, tutt’altro che vicina alla conclusione, mentre ogni categoria imprenditoriale fa i conti con le proprie problematiche e, magari in modo egoistico, si focalizza solo su queste, i Dottori commercialisti si propongono come interlocutori etico-sociali, capaci di interpretare la realtà, di elaborare proposte e di candidarsi come soggetti “utili al Paese”.

Apice tangibile di questa strategia, la relazione introduttiva del Presidente. Alta, come sempre appassionata, nel solco del percorso iniziato due anni fa con la prima conferenza nazionale di Roma.
Tutto bene, quindi?
No, per una serie di motivi.

La categoria è alle prese, anch’essa, con la crisi e con i suoi effetti, stretta tra i problemi propri e quelli della clientela.
Ha aderito in maniera netta e inequivocabile alla strategia del Consiglio nazionale, volta ad accreditare un’immagine lontana dallo stereotipo comune, intuendo che poteva essere una scommessa affascinante e opportuna.
Ha affollato congressi e conferenze come mai prima d’ora, facendo sacrifici veri pur di esserci, come peraltro ricordato dal Presidente Siciliotti nelle sue conclusioni.
Ma gli altri interlocutori, i veri destinatari del messaggio, erano presenti?

Possiamo dire che ci sia stata la politica?
No, la politica è stata assente; ancorché annunciati dal programma, nessun Ministro è intervenuto (verrà mai il Ministro dell’Economia?). La politica forse era occupata a cercare di risolvere i propri problemi, che non sempre coincidono con quelli del Paese, piuttosto che tentare di ascoltare le istanze delle libere professioni e, tra queste, quelle dei Dottori commercialisti. L’unico rappresentante del Governo lì presente ha pensato bene (!) di assimilarci a quei soggetti che fanno i corsi di formazione per imparare ad aggirare il fisco.

Possiamo dire che ci sia stata l’Amministrazione finanziaria (che in ogni caso rimane il nostro interlocutore primario)?
C’è stata la “solita” Amministrazione finanziaria, battuta solo sul terreno del gioco del calcio.

C’è stato qualcun altro?
Forse qualche pezzo di società civile. Troppo poco per i nostri sforzi.
E questa considerazione si evince dagli umori della platea che, all’ennesima occasione in cui un ospite ci assegna il ruolo di delatori fiscali, fischia (magari ingenerosamente) ma si interroga se le nostre buone intenzioni non siano troppo frequentemente strumentalizzate.

Troppo spesso assumiamo il ruolo di “cuscinetto” fra Stato e cittadini

Abbiamo già detto in altra occasione che siamo non solo una “cerniera” tra cittadino e Stato, ma – troppo spesso – un “cuscinetto”.
Che fare? Ripudiare tutto?
Nemmeno per sogno.

Certamente servono tempi più lunghi per avere buoni risultati, ma permetteteci una sola proposta “strategica”: ritornare allo spirito della prima relazione del nostro Presidente.
Quella relazione che ci indicava una possibile strada, accreditandoci con un’immagine diversa, ma che contemporaneamente parlava di noi, facendoci uscire da quella prima conferenza con l’orgoglio dell’appartenenza.
Per essere, com’è giusto che sia, utili al Paese, ai nostri clienti e, perché no, un po’ anche utili a noi stessi.

La nostra Associazione è pronta a raccogliere la sfida di affiancare il Consiglio nazionale, ognuno nel proprio ruolo, nella rivendicazione di quelle tutele oramai indifferibili.

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