Le iene portano bene, ma fanno anche male
Mercoledì scorso, un servizio della popolare trasmissione televisiva “Le iene” ha affrontato il caso, verificatosi nel bresciano, di un manipolo di contribuenti truffati dal loro commercialista che, per anni, non aveva presentato all’Agenzia delle Entrate le loro dichiarazioni dei redditi, pur facendosi consegnare le somme di denaro che i clienti gli davano perché provvedesse per loro conto ai versamenti di imposte e ritenute.
Possiamo astenerci dall’utilizzare i verbi al condizionale, perché l’interessato, raggiunto dall’inviato de “Le iene”, ha nella sostanza confermato questi fatti.
Tralasciamo anche considerazioni sull’assurdità rappresentata dal fatto che, oggi come oggi, il cliente consegni somme di denaro al proprio professionista, affinché sia quest’ultimo a provvedere ai versamenti a favore dell’Erario.
Il servizio ha sollevato un certo fastidio tra i commercialisti italiani.
Non tanto per il clamore sollevato attorno a un caso che è oggettivamente clamoroso e che proprio i commercialisti devono essere i primi a voler sottolineare come tale.
Il fastidio è derivato piuttosto dall’infelice chiusura del servizio, con la dichiarazione di un funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Brescia (anonimo) che chiosava con un qualunquistico invito rivolto a tutti i cittadini a tenere sempre sotto controllo il proprio commercialista momento dopo momento.
Non è comunque su estemporanee considerazioni qualunquistiche di funzionari anonimi che vale la pena di avviare guerre di religione; anche perché bisogna, con tutta onestà, riconoscere che assai spesso capita anche ai commercialisti italiani di indulgere in altrettanto qualunquistiche affermazioni.
È più utile riflettere su un aspetto positivo, per l’immagine della categoria, emerso da un servizio che per il resto non le ha fatto ovviamente del bene: nel servizio è stato detto, infatti, che il commercialista in questione è stato radiato dall’Albo (anche se, in verità, sarebbe da verificare se il termine è stato usato correttamente o se magari invece non sia in corso soltanto una sospensione).
Pensate che diverso impatto avrebbe avuto la vicenda se fosse, invece, emersa un’assenza di provvedimenti da parte dell’Ordine o meri procedimenti avviati senza però già la comminazione di sanzioni disciplinari adeguate?
È in quei casi che le responsabilità, che in partenza sono sempre personali, assurgono nella pubblica opinione a vere e proprie responsabilità categoriali, che offuscano l’immagine di decine di migliaia di seri professionisti e trasferiscono l’impressione di una casta che si auto-protegge.
Impressione tanto più assurda per una comunità professionale, quale quella dei commercialisti italiani, priva di sostanziali esclusive e priva pure di reali barriere all’accesso.
Anche per questo, è davvero importante che i tanti colleghi italiani che si impegnano con spirito di servizio nei consigli degli Ordini territoriali, oltre che naturalmente coloro che siedono nel Consiglio nazionale, tengano sempre bene a mente l’assoluta centralità della loro funzione disciplinare, tra le mille altre iniziative e attività che giustamente li occupano e promuovono.
È un grande classico che non di rado si verifica anche nelle dinamiche aziendali: man mano che si cresce, si tende a diversificare, si fa marketing, si cercano nuovi sbocchi di mercato e, magari, tra i dirigenti scatta la gara a potersi occupare proprio delle iniziative più nuove; fino a quando, chi l’avrebbe mai detto, ci si accorge di aver finito con il trascurare il core business, ossia ciò che davvero tiene in piedi la baracca e ne giustifica l’esistenza stessa.
La deontologia e la sua puntuale amministrazione sul piano disciplinare, che non può mai ridursi a una mera ratifica postuma di provvedimenti giudiziari, ma deve semmai arrivare prima, sono l’essenza stessa degli Ordini professionali e il primo modo attraverso il quale assicurare a tutti gli iscritti una piena tutela della loro immagine professionale.
Dalle questioni eclatanti che finiscono sugli schermi televisivi, fino alle piccole questioni di ordinaria amministrazione, ricordiamolo sempre, o dimenticheremo chi siamo e che ci stiamo a fare.
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