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LETTERE

Una possibile soluzione alle criticità legate alle istanze d’interpello

Venerdì, 24 agosto 2012

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Spettabile Redazione,
l’Agenzia delle Entrate ha recentemente precisato, nella ris. n. 81/2012, che, ai fini dell’ammissibilità delle istanze di interpello (vuoi ordinario, vuoi disapplicativo), è fatto carico al contribuente presentarla in maniera tale da ottenere una risposta prima del termine per l’inoltro della dichiarazione del periodo d’imposta a cui la stessa si riferisce e ciò in quanto le istanze devono essere “preventive”. Così – si legge sempre nella citata risoluzione – dato che nel 2012, il termine per l’invio delle dichiarazioni, cadrà il 1° ottobre 2012 (posto che il 30 settembre 2012 è domenica), il termine per la presentazione (conteggiato a ritroso) delle istanze di disapplicazione era il 3 luglio.

Tale chiarimento, però, per quanto non una novità assoluta, appare (o, meglio, continua ad apparire) non privo di talune criticità:
- in primis, non è detto che, al 3 luglio, l’assemblea abbia già approvato il bilancio: si pensi alle holding, soggetti che spesso rischiano di risultare “di comodo” (e, quindi, ricorrono agli interpelli disapplicativi) che, per legge, possono prendersi 180 giorni per l’approvazione del bilancio. Ma se, ad esempio, ci fosse una seconda convocazione (con fissazione dell’assemblea, ad esempio, al 12 luglio), ci si potrebbe trovare a dover presentare l’istanza all’Agenzia su dati contabiliprovvisori”, in quanto non avallati dall’organo assembleare e ciò non pare ragionevole né sotto un profilo della mera “opportunità”, né considerando la ratio della norma, ad esempio, contenuta nel comma 8 dell’art. 37-bis del 600/73, che consente di richiedere la disapplicazione di leggi che, in alcuni casi, avrebbero effetti del tutto distorti (sul contribuente) e distorsivi (del sistema);

- l’Agenzia non pare considerare, ancora una volta, che la norma impone che sia l’istanza che deve essere preventiva (rispetto alla presentazione di UNICO, che è l’atto con cui si formalizza la propria posizione fiscale) e non la risposta dell’Amministrazione finanziaria. Se, pertanto, si presenta un’istanza al 10 luglio, di fatto non si è ancora inviato telematicamente la dichiarazione e, quindi, ben si può dire che il requisito della preventività è soddisfatto;

- l’ultimo punto riguarda poi proprio noi commercialisti che, come sempre, siamo oggetto di questi “colpi di coda” che ci mettono – tra l’altro – anche in imbarazzo con i clienti, senza contare l’intasamento di adempimenti vari a regime nel periodo in cui, secondo l’Amministrazione finanziaria, ci si dovrebbe dedicare alle istanze di disapplicazione. Ciò che viene costantemente dimenticato, poi, è che la procedura di definizione di un’istanza è un processo alquanto delicato (e come tale gestito), sotto diversi aspetti: il cliente è, in generale, restio a farla (ancorché vi sia obbligato); vi è la necessità di valutare con grande attenzione e prudenza le motivazioni e le considerazioni da spendere nella richiesta disapplicativa, è imprescindibile reperire la documentazione che avalli l’oggetto dell’istanza, per non dimenticare, infine, i meccanismi stessi di presentazione, che sono immotivatamente farraginosi.

Per risolvere tale impasse, ho maturato una possibile soluzione (che, peraltro, trova una sorta di corrispondenza nei meccanismi con cui l’Agenzia, nella circ. n. 23/2012, ha chiarito applicarsi la normativa per la rideterminazione degli acconti per le società di comodo in perdita sistematica): se il contribuente non presenta l’istanza (supponiamo di disapplicazione) in tempo utile per avere la risposta dell’Agenzia prima del termine previsto per l’invio di UNICO, egli ha l’obbligo di versare le imposte come soggetto di comodo, tener conto di tutte le conseguenze negative di tale normativa (ad esempio, in termini di utilizzo dei crediti IVA), presentando da ultimo la dichiarazione in cui si evidenzi, per l’appunto, lo status di non operatività.
Quando, poi, arriva la risposta dell’Agenzia: se l’istanza di disapplicazione è stata rifiutata, la dichiarazione è già corretta, come i connessi versamenti e quindi nulla quaestio; se, invece, l’istanza di disapplicazione viene accettata, il contribuente può presentare una dichiarazione dei redditi integrativa, senza costi aggiuntivi (perché è un’integrativa a favore), a condizione, ovviamente, che, intanto, non siano iniziate verifiche sull’anno oggetto dell’istanza stessa (circostanza, questa, che inibisce ravvedimenti e integrative).

Questa potrebbe essere una soluzione di buon senso, perché consentirebbe da di risolvere i tre punti critici sopra evidenziati, tutelando gli interessi erariali e ponendo a carico del contribuente, che è andato “lungo” nella presentazione dell’interpello, l’eventuale rischio di non poter presentare una dichiarazione integrativa: come a dire che è sempre e comunque necessario attivarsi per ottenere una risposta dall’Agenzia prima dell’invio telematico di UNICO, ma se i termini di approvazione di bilancio o le particolari circostanze poste alla base della definizione dell’istanza non ne consentono una presentazione tempestiva, il contribuente si assume sì il rischio del “proprio ritardo”, ma non vede violato il proprio diritto di essere esentato dallo scontare gli effetti nefasti di una normativa, come quella sulle società di comodo.

Questa la proposta su un fronte meramente tecnico. Tuttavia, con una certa amarezza, non posso nascondere che tale ultima questione (senza contare – per dirne solo una – l’invio di avvisi bonari postali anche ad agosto, con, magari, relative incombenti segnalazioni penali) pare essere l’ennesima prova di una generale mancanza di rispetto per il lavoro di noi commercialisti e per il nostro ruolo.

Ora, io non pretendo affatto che l’Agenzia ci metta a parte delle proprie decisioni strategiche, ma, dato che alcune di esse incidono significativamente non solo sui contribuenti, ma anche sul lavoro dei consulenti, non potrebbero condividerle con noi prima (dato che siamo noi poi a sostenerne gli effetti), per trovare una soluzione che vada bene a tutti, e tempestivamente, quando i termini per gestire un adempimento o una pratica sono ancora aperti?

Per il Premier Monti, la concertazione è come il dentifricio, se non metti il tappo, esce dal tubetto: per certo versi e in certi settori sarà anche vero, come è vero che lui ragiona da accademico avulso dal mondo, che non è mai andato presso un ufficio in vita sua a sbrigare una pratica, anche banale: a mio modesto avviso, con la burocrazia che ci ritroviamo in Italia, concertare, ma in modo serio, continuo e fattivo con le istituzioni referenti, sarebbe davvero un passo in avanti, in primis per semplificare, ma soprattutto per fissare regole chiare e sostenibili da tutti (contribuenti, Amministrazione finanziaria e sistema-Paese).


Silvia Pelizzo
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Udine

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