ACCEDI
Sabato, 21 giugno 2025 - Aggiornato alle 6.00

LETTERE

Di fronte ai trasferimenti di società in Irlanda, serve più competitività

Giovedì, 6 febbraio 2014

x
STAMPA

Spettabile Redazione,
non ne possiamo più!
Nello specifico, mi riferisco alla notizia, arrivata via mail (come agli altri utenti, per poi essere confermata da una nota ufficiale della società, ndr), della riorganizzazione della attività europee e del conseguente trasferimento dei servizi di Yahoo!, che, a partire dal 21 marzo, saranno forniti da un società con sede in Irlanda.

Come commercialista di piccole aziende, non riesco proprio a dare una spiegazione, ai miei clienti, del motivo per cui i big dell’economia migrano in paradisi fiscali senza colpo ferire.
L’Irlanda, che non è su Marte ma è qui dietro l’angolo in Europa, è la sede legale di tutti coloro che possono permettersi consulenti all’altezza di questa operazione.

A questo punto mi chiedo se la nostra categoria non sia fuori mercato in quanto difficilmente è in grado di proporre simili soluzioni al piccolo imprenditore, che si vede divorato dalla pressione fiscale e dal “tritacarne” degli accertamenti sintetici, piuttosto che da un sistema giudiziario con tempi biblici e con un sistema di pagamenti “a babbo morto”.

La nostra categoria dov’è?
Le Associazioni dei piccoli imprenditori dove sono?
L’Agenzia delle Entrate dov’è?

Vogliamo dare un messaggio forte e chiaro, cioè che quanto prima si dovranno pagare le spese di questa furbizia?


Alberto Cobelli
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Brescia


***


Gentile Dottore,
la sua preoccupazione è condivisa da tutti quelli che hanno ben chiaro che non ci può essere ricchezza senza produzione.

L’Irlanda non è un paradiso fiscale, ma un Paese dell’Unione europea e questo rende molto più complicate le cose.
Le recenti vicende della Web tax dimostrano che anche lo Stato ha margini d’intervento alquanto ridotti.

Bisogna quindi ragionare su uno strumento tecnico che, senza violare i principi comunitari, consenta di limitare una concorrenza fiscale tra Stati troppo aggressiva.

Una prima ovvia soluzione potrebbe essere quella di ridurre l’imposizione e il cuneo fiscale in Italia. Questo richiederebbe però la riduzione della spesa pubblica e sappiamo quanto sia in salita questa strada.
Una seconda soluzione potrebbe essere quella di agevolare gli investimenti duraturi in Italia.

Poi però, come dimostra la legge di stabilità di quest’anno, le idee sul punto languono e se, tra i nostri lettori, ci fossero proposte innovative, saremmo ben lieti di rilanciarle.

Da ultimo, si dovrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che comprare italiano e in Italia non è solo una scelta di qualità, ma anche il tentativo di non affossare definitivamente il nostro Paese.


Michela Damasco
Direttore Eutekne.info

TORNA SU